Storia di una mamma di sei figli paralizzata

Julie ebbe la brutta notizia dopo aver dato alla luce il suo sesto figlio. A causa di un'infezione prodotta dall’ago epidurale era rimasta paralizzata dall’ombelico in giù. Quando la notizia venne conosciuta, i suoi amici si prodigarono per organizzare gli aiuti alla famiglia portoghese ritrovatasi in difficoltà. Ecco come lo racconta lei stessa.

Il parto non era andato come si sperava… Si era verificata una complicazione molto rara chiamata ascesso epidurale. Un batterio (MRSA) insinuato nell’ago epidurale provocò un’infezione nel sistema nervoso centrale. Mi operarono, ma rimasi sulla sedia a rotelle, con impossibilità di muovermi e assenza di sensibilità dall’ombelico in giù. Una situazione drammatica per tutti noi, perché devo occuparmi di sei figli piccoli, compreso il neonato. Quando si seppe la gravità della situazione e che il recupero sarebbe stato molto lento, si formò una vera valanga di persone che volevano esserci di aiuto. Tramite alcuni amici ci regalarono una sedia a rotelle, la poltrona ortopedica, un materasso antiacaro, una sedia per il bagno e tutto l’occorrente segnalato in un gruppo WhatsApp.

si formò una vera valanga di persone che volevano esserci di aiuto

Molti ci offrirono aiuto economico senza neanche averlo chiesto. Grazie a ciò e all’interesse di altre persone, due fisioterapisti vennero a casa mia per aiutarmi sin dal primo momento, cosa che è risultata fondamentale per la mia guarigione. Un'amica infermiera si mise a disposizione per aiutare senza chiedere nulla e facendo di tutto, dal cambiare i pannolini a fare le iniezioni…

Ci siamo trovati sommersi dall’affetto in un momento così difficile per tutta la famiglia. Centinaia di persone mandavano messaggi dicendo che pregavano per noi. Inoltre ci portarono alcune reliquie e l’acqua di Lourdes e ricevetti un rosario speciale che era stato benedetto da don Fernando Ocáriz, prelato dell’Opus Dei.

Una visita di due donne che aiutano il prelato dell'Opus Dei nella sua attività di governo.

Dopo alcuni giorni, ormai rientrata a casa, era necessario coordinare l’organizzazione domestica. Mio marito e io cercavamo di far quadrare gli orari e di fare l’elenco delle cose da fare, quando alcuni amici chiamarono per telefono offrendosi di portare la cena ogni giorno e di badare ai bambini nei fine settimana. Dopo alcuni minuti un altro amico di mio marito si presentò in casa per prendere tre enormi borse di indumenti sporchi che si erano accumulati e per riportarli poi lavati e stirati…

Dato che non potevamo avere un aiuto domestico fisso e pagato, diversi amici ci dedicarono il loro tempo, con generosità e gioia. Arrivavano alle sette del mattino per aiutare mio marito e ritornavano la sera, anche per raccontare favole ai nostri figli per farli addormentare. La loro vicinanza si moltiplicava nei fine settimana, per portare i nostri figli a passeggio nel parco o in altri posti.

A poco a poco, commossi di fronte alla costanza dell’indispensabile supporto che ricevevamo, abbiamo potuto affrontare i successivi ostacoli. Non sempre riuscivamo a trovare le giuste soluzioni e neppure a mantenere la serenità. Credo che Dio mi abbia dato il suo aiuto per le preghiere di tante persone.

Una foto dell'arrivo a casa, grazie a diversi amici, dopo giorni di ospedale.

Ad esempio, il direttore della scuola dei nostri figli li portò nella cappella e recitarono insieme una preghiera per la salute della madre. Mio marito andò a Messa nella stessa scuola e fu sorpreso nel sentire il sacerdote offrire la Messa per la mia guarigione.

In tutti questi mesi ho condiviso alcune riflessioni su quanto accadeva in un gruppo WhatsApp e tutti dicevano quanto fossero commossi e quanto ci seguivano con le loro preghiere. Sono convinta di essere stata sostenuta dalla comunione che giorno per giorno, a turno, mi portano diversi sacerdoti.

Questi sono soltanto alcuni esempi dell’enorme rete di persone che si sono resi incredibilmente presenti nella nostra difficoltà familiare. Non ci siamo mai sentiti soli, che dev’essere la peggiore sofferenza. Non mi sono mai sentita inerme. Sento la forza soprannaturale che, la maggior parte dei giorni, mi mantiene allegra e ottimista riguardo la mia guarigione. Come posso scoraggiarmi con tante persone che pregano per me, che mi aprono i loro cuori, volendo fare qualcosa per aiutarci?

Come soprannumeraria dell'Opus Dei ho avvertito che questa famiglia con vincoli soprannaturali, che sa aiutare nelle cose materiali e spirituali, come nei villaggi di altri tempi, non prende il posto della famiglia naturale. È più grande e l’abbraccia e inoltre la sostiene. Dopo diversi mesi, ancora non riesco a stare in piedi senza un appoggio e neppure a camminare, ma ho più sensibilità e capacità di movimento. Ho superato le attese dei medici. Restano impressionati nel vedere i miei progressi perché il pronostico abituale è di un lento recupero dei nervi.

In ospedale, con un mazzo di fiori inviato da un amico.

Non c’è stato un miracolo straordinario, come quando una passa dal non camminare all’alzarsi all’istante. Ma è stato un miracolo ordinario, esteso per settimane, con l’aiuto materiale, le preghiere quotidiane e costanti. Questo è il tipo di santità, ordinaria e quotidiana, che i fedeli dell’Opus Dei cercano. La speranza è ciò che mi ha sostenuto in questo miracolo di una guarigione, che tutto fa capire sarà piena.

Il Papa parla molto della solitudine e dell’individualismo nel nostro tempo, ma in questa prova ho sperimentato la generosità e l’amore di molte persone che ci stanno vicine. E in famiglia abbiamo capito che è possibile condividere con gli altri la sofferenza, e che così diventa più lieve. Perché nella città c’è ancora gente (che costituisce un’altra città) che si sostiene mutualmente e con amicizia.

Julie Machado