Olga Marlin: un sogno divenuto storia

Questo è il racconto della vita di una donna dell’Opus Dei che, abbandonato il benessere dell’Europa, ha contribuito all’emancipazione della donna africana. Il suo lavoro al Kianda School – una scuola per bambine di tutte le razze in Kenya – ha avuto ripercussioni in tutto il continente.

A Olga piace mangiare ‘nyama choma’ e ‘ugali’ e conosce il Kenia meglio di molti nativi. È stata testimone della transizione del Paese dal colonialismo all’indipendenza sotto Yomo Kenyatta e i suoi successori, Daniel Moi e Mwai Kibaki.

Ma la cosa più importante è stato il contributo da lei dato, senza alcuna eco mediatica, alla modernizzazione del Kenya.

A 27 anni, un’età nella quale molte ragazze non sono ancora uscite dalla loro città e chissà pensano a formare una famiglia e forse a vivere in un appartamento circondato da un giardino cinto da un’elegante cancellata, lei preferì lasciare il comfort di cui godeva in Europa e si unì a un gruppo di otto donne che andavano a vivere in Africa.

Atterrò in Kenya e il Paese la cambiò. Divenne una cittadina del luogo, come tante altre, ma mise tutto il suo impegno per trasformare il nuovo ambiente in cui stava, all’epoca agitato dalla discriminazione razziale, in un luogo più giusto.

Questa è Olga Marlin, una delle promotrici di Kianda Foundation, una scuola multirazziale di segretariato d’azienda, pioniera nel suo settore, quando iniziava in Kenya la lotta per ottenere le necessarie libertà.

Olga partì dall’Irlanda nel 1960, non per desiderio d’avventura, ma per la profonda convinzione che il desiderio del Signore era che nella sua vita ella facesse qualcosa per Lui.

Ora che ha 70 anni, ancora elegante e incantevole come in gioventù, Olga racconta con modestia, ma felice, il ruolo che ha svolto nell’avvio della fondazione grazie alla quale migliaia di africane sono divenute funzionarie di alto livello in vari organismi nazionali e internazionali.

Per Olga, la più giovane in una famiglia di sei fratelli, la donna africana in quegli anni era prigioniera di un circolo vizioso. “Avevano bisogno di educazione per essere libere e di libertà per ricevere una educazione”.

Ma è valsa la pena impegnarsi in questa direzione a giudicare dall’elenco delle ex alunne di Kianda. Vi hanno studiato, per esempio, l’attuale ministro della Sanità del Kenya, Charity Ngilu; Evelyn Mungai-Eldon, fondatrice di Evelyn College of Design; Pamela Mboya, moglie di Tom Mboya; Gaone Masire-Moyo, sorella dell’ex presidente del Botswana, Ketumile Masire; Zipporah Mayanja, diplomatica ugandese in Belgio... È un lungo elenco di donne forti, che si sono distinte là dove la vita le ha chiamate.

Fino ad oggi Kianda ha visto entrare e uscire dalle sue aule migliaia di ragazze. Sono lontani gli inizi, con sole 17 alunne, in un umile edificio in viale Waiyaki.

Olga è nata a New York nel 1934. I suoi genitori si chiamavano Ervin Ross Marlin e Hilda Gerarda van Stockum. Quando lei era ancora una bambina avevano viaggiato molto, perché il padre lavorava per l’ONU.

Fatta la scuola elementare a Washington, si recò poi nel 1947con la famiglia a Montreal, in Canada, dove concluse gli studi secondari. Più tardi andò al Trinity College di Dublino per un Master in Lingue Moderne.

“Mio padre – spiega - ha sempre voluto che andassi a studiare al Trinity College perché sia lui che la mamma avevano studiato lì”. Quando la famiglia fece ritorno in Canada, Olga preferì rimanere in Irlanda, dove la sua vita aveva acquistato un nuovo ritmo dopo aver conosciuto alcune ragazze dell’Opus Dei, una istituzione della Chiesa cattolica.

“Non avevo mai pensato che avrei conosciuto un santo”, dice riferendosi al fondatore dell’Opus Dei. Poi continua sorridendo: “Quando avevo 10 anni, dicevo a tutti che mi sarei sposata e avrei avuto dieci figli”.

“Le mie disposizioni verso la vita cambiarono radicalmente – afferma - quando sentii che Dio voleva che mi mettessi in qualche modo al suo servizio”.

Su richiesta di san Josemaría Escrivá, Olga e altre otto donne se ne andarono in Kenya. Obbedì con gioia, pur sapendo che non sarebbero mancate le difficoltà.

Però nessuno l’aveva preparata adeguatamente a neutralizzare l’impatto con ciò che era allora la realtà del Kenya. All’epoca, le aree residenziali erano separate per bianchi e negri, così come le associazioni, le scuole, i ristoranti e anche i trasporti pubblici.

Le relazioni fra persone di razza diversa erano allora un tabù. Olga e le sue compagne si resero conto che non sarebbe stato affatto semplice promuovere una scuola multirazziale nella quale le ragazze bianche avrebbero studiato insieme alle ragazze africane e asiatiche.

L’idea iniziale era stata quella di fondare una scuola di formazione professionale per offrire alle africane la possibilità di imparare le mansioni di segretaria, in modo da permettere loro di accedere a lavori migliori e quindi a migliori salari.

Qualcuno pensò che Olga e le sue compagne fossero matte; ma una donna della famiglia Kenyatta – il presidente del Paese – offrì tutto il proprio appoggio perché potessero mettere in atto il loro progetto.

“Siete arrivate al momento opportuno per aprire una scuola per bambine – disse la signora della famiglia Kenyatta -. Le nostre donne hanno bisogno di educazione per ottenere fiducia, avere rispetto di se stesse e farsi rispettare. Questo avverrà solo quando saranno economicamente indipendenti. La vostra scuola le provvederà delle cognizioni necessarie”.

Dopo un breve periodo di insegnamento nel Kenya High School, scuola allora solo per bianchi, Olga cominciò ad avviare la sua entusiasmante iniziativa.

Nel 1961, dopo aver dato per molti mesi lezioni di musica e insegnato alle studentesse a insegnare qualcosa, il gruppo era pronto per cominciare.

Però c’era qualche problema. Una delle studentesse era Goan (membro di una comunità di origine indiana trapiantata in Kenya), e per questo il sindaco non voleva sentire ragioni sulla possibilità di dare inizio alle attività di Kianda. Inoltre, l’edificio della scuola era situato nella valle di Arcade, un’area residenziale dei bianchi.

Il sindaco volle che chiedessero il permesso agli altri abitanti, e questi lo negarono. Marlin era desolata: “Fu uno dei peggiori momenti della mia vita”.

Ben presto capì che, se voleva avviare il suo proposito di dare un’educazione degna alle bambine africane, doveva trasferire la sede della scuola.

Una delle studentesse venne in suo aiuto. Il padre di costei, Paddy Rouche, possedeva una agenzia statale nella zona est di Nairobi e segnalò un appezzamento di terreno libero in via Waiyaki (attuale sede di Kianda School). Il terreno confinava con l’ambasciata giapponese.

In quegli anni il Governo aveva deciso di dichiarare “multirazziali” alcuni terreni. e così Kianda (che significa “valle” in kikuyu) finalmente poté trovare una sistemazione. Olga diresse la scuola fino al 1980.

Sarebbe stata la prima delle tante iniziative educative promosse dalla fondazione Kianda, il cui fine è sempre quello di elevare i livelli educativi e il benessere della donna kenyana.

Registrata nel 1961, la fondazione ha avviato scuole di insegnamento elementare e secondario, la scuola alberghiera Kibondeni e il centro di formazione tecnica Kimlea a Kiambu. Quest’ultima iniziativa ha salvato centinaia di bambine dal progressivo sfruttamento e degradazione infantile nelle piantagioni di caffè della regione.

Quando Marlin aveva ormai un luogo dove far lezione, l’aspettava un compito ancora più difficile: convincere i genitori delle bambine a farle iscrivere a un corso di segretariato.

“ La maggioranza di loro non sapeva se permettere o no che le loro figlie si formassero come segretarie. Temevano che le bambine diventassero più turbolente o che si perdessero per le strade di Nairobi”.

Alla fine fu possibile iscrivere la prima studentessa africana – Evelyn Mungai Eldon – che fece da battistrada a molte altre. Era una ragazza molto capace, una grande lavoratrice, che seppe accettare il fatto di essere differente. Olga ricorda che “veniva sempre di corsa a lezione ed era molto sveglia e competitiva in classe”.

Evelyn finì brillantemente gli studi e trovò un lavoro nella East African Community, al termine del suo anno di formazione.

Ben presto Kianda divenne molto popolare, specialmente fra le organizzazioni per l’alta qualità della formazione. Attrasse studentesse e insegnanti delle più diverse provenienze: Grecia, Messico, Spagna, Stati Uniti, Irlanda, Francia, Egitto, Etiopia, Botswana, Uganda e Tanzania.

Con l’indipendenza, la scuola perse una parte dei suoi alunni di razza bianca, perché molte famiglie temevano rappresaglie dalla comunità negra e preferirono ritornare in Europa. Ma il numero delle immatricolazioni ebbe un nuovo incremento e aumentò anche la richiesta di segretarie nel Kenia indipendente e in tutto l’Est africano.

Kianda raggiunse un tale prestigio che molte aziende si offrirono di firmare un accordo di collaborazione con la scuola. Si impegnavano a pagare un anno di formazione delle ragazze – e anche il loro mantenimento – purché fossero disposte, una volta ottenuto il diploma, a lavorare nell’azienda che le aveva sostenute. Le ragazze che non godevano di questo “sostegno aziendale” e non avevano i soldi per pagarsi gli studi, potevano fruire delle borse di studio.

Assai prima che il Paese ottenesse l’indipendenza, Olga aveva stretto profonde amicizie con alcune donne sposate con personaggi che più avanti avrebbero occupato importanti posti nel Governo. Molte visitarono Kianda e Olga chiese una loro collaborazione al progetto.

Molte delle sue compagne dovettero andare all’estero per trovare sovvenzioni per Kianda, ma Olga si rivolse alle ex alunne. Una di esse era Pamela, sposata con Tom Mboya. Un’altra era Hannah, la moglie del primo sindaco africano di Nairobi, Charles Rubia.

Olga ricorda una visita nell’ufficio del sindaco: “Fu molto affabile e capì il mio problema e la necessità di formare quelle ragazze. Non dimenticherò mai quello che mi disse: “Olga, ci conosciamo da quando tu e io non eravamo nessuno. Certo che ti aiuterò”.

Ricorda anche Tom Mboya, un sindacalista tarchiato che aveva timore di visitare: “Fu Jemima Gecaga (sorella del dottor Njoroge Mungai) che mi presentò a Tom”. L’amicizia che si stabilì allora fece sì che i coniugi Mboya sostenessero economicamente molte studentesse di Kianda fino al tragico assassinio di Tom.

Prima di morire nel 1969, Mboya mandò la bambina Prisca Ouma a parlare con Olga. Poco dopo egli moriva assassinato. La piccola Prisca poté studiare a Kianda, e oggi è sindaco di Kisumu (la terza città del Kenia).

Lilian Aluanga / East African Standard