Meditazioni: Venerdì della 12ª settimana del Tempo Ordinario

Riflessioni per meditare nel venerdì della dodicesima settimana del Tempo Ordinario. I temi proposti sono: La supplica del lebbroso; Gesù tocca le nostre ferite; La solitudine del lebbroso.

- La supplica del lebbroso

- Gesù tocca le nostre ferite

- La solitudine del lebbroso


Un gran numero di persone seguiva Gesù. Mentre stavano scendendo dal monte, un lebbroso gli si avvicina e, prostrandosi ai suoi piedi, dice: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi» (Mt 8, 2). Possiamo immaginare quale sia stata la condizione di quell’uomo. La sua malattia non solo lo faceva soffrire nel corpo, ma lo aveva isolato dalle persone care e dalla vita sociale: ha dovuto abbandonare la sua casa e mantenersi lontano da ogni contatto con altre persone. È consapevole dei rischi che corre avvicinandosi così tanto a Gesù e alla folla che gli stava attorno: in qualsiasi momento poteva essere lapidato. Ma la sua speranza è posta tutta su quel Maestro del quale ha sentito dire che opera ogni tipo di miracoli.

Di fronte a una situazione così drammatica, si può capire che quel lebbroso fosse così disperato da avvicinare Gesù per chiedergli un miracolo tale da giustificare la pericolosa iniziativa di accostarlo. Per questo, ci sorprende il modo con il quale si dirige al Signore: «Se vuoi, puoi purificarmi». La sua supplica ci «mostra che quando ci presentiamo a Gesù non è necessario fare lunghi discorsi. Bastano poche parole, purché accompagnate dalla piena fiducia nella sua onnipotenza e nella sua bontà»[1]. Il lebbroso non pretende di essere guarito, ma si abbandona nelle mani di Dio: accetterà comunque la sua volontà, qualunque sia.

Possiamo chiedere al Signore di aiutarci a presentargli le nostre preoccupazioni con la stessa disponibilità di quell’uomo, sapendo che Dio conosce meglio di tutti ciò di cui abbiamo bisogno.


Gesù non sfugge il contatto con quell’uomo: non si limita ad ascoltarlo a distanza, ma gli si avvicina e, toccandolo, gli dice: «Lo voglio, sii purificato» (Mt 8, 3). «In quel gesto e in quelle parole di Cristo c’è tutta la storia della salvezza, c’è incarnata la volontà di Dio di guarirci, di purificarci dal male che ci sfigura e che rovina le nostre relazioni»[2]. Al momento in cui la mano di Gesù tocca il lebbroso ogni barriera tra Dio e gli uomini è abbattuta. «Si espone direttamente al contagio del nostro male; e così proprio il nostro male diventa il luogo del contatto»[3]. Nella ferita che ha consentito al Signore di entrare in noi e guarirci.

Spesso anche a noi può succedere come al lebbroso: ci sentiamo macchiati dai nostri errori, incapaci di andare avanti con le nostre sole forze. Allora è il momento di avvicinarci al Signore con la fede e la sincerità di quell’uomo. Nel sacramento della Riconciliazione Gesù continua a toccare la nostra ferita e fa rivivere così la comunione che ci unisce a Lui. I peccati che abbiamo potuto commettere scompaiono quando li confessiamo umilmente. «Se qualche volta cadi, figlio mio, ricorri subito alla Confessione e alla direzione spirituale: mostra la ferita!, perché te la curino a fondo, perché eliminino tutte le possibilità di infezione, anche se ti fa male come in un'operazione chirurgica»[4].


Il lebbroso guarì dalla sua malattia quando Gesù stese la sua mano. Subito dopo, il Signore gli disse di fare un’altra cosa: «Va' a mostrarti al sacerdote e presenta l'offerta prescritta da Mosè come testimonianza per loro» (Mt 8, 4). Mancava ancora che le autorità giudaiche certificassero la guarigione di quell’uomo per poterlo reintrodurlo nella vita sociale. Gesù, così, non solo gli ridava la salute fisica, ma anche qualcosa di molto importante: l’appartenenza a una comunità. In tutti quegli anni, il lebbroso non aveva soltanto sperimentato il dolore e le angustie della sua malattia, forse aveva sofferto di più per la solitudine e l’abbandono da parte dei suoi familiari e amici. Ed ora il Signore mette fine a quella lacerazione dell’anima.

Anche oggi possiamo incontrare persone che, come il lebbroso, sono esclusi o si sentono esclusi, con motivazioni qualche volta sottili, ma che possono intrappolare le persone e soffocare il loro spazio vitale.

A volte, tale esclusione è causata dalla povertà, la vecchiaia, la mancanza del lavoro o la malattia. In uno o nell’altro caso è facile costatare che quello che cercano è innanzitutto uno sguardo di compassione; qualcuno disposto a dare non solo un qualche aiuto materiale, ma soprattutto affetto, tempo. Cercano qualcuno che, come Cristo, si avvicini per toccare le loro ferite e gli ricordano che fanno parte di una comunità nella quale condividere la vita, dove possono incontrare chi ha interesse che stiano bene e che si sentano amati. «Se io fossi lebbroso, diceva san Josemaría, mia madre mi abbraccerebbe. Senza paura e senza alcuna esitazione, mi bacerebbe le piaghe»[5].

Possiamo chieder alla Madonna di aver questo sguardo di compassione che ci spinge ad abbracciare i lebbrosi che incontriamo nella nostra vita.


[1] Francesco, Udienza, 22-VI-2016.

[2] Benedetto XVI, Angelus, 12-II-2012.

[3] Francesco, Angelus, 15-II-2015.

[4] San Josemaría, Forgia, n. 192.

[5] San Josemaría, Forgia, n. 190.