Meditazioni: Mercoledì della 9ª settimana del Tempo Ordinario

Riflessioni per meditare nel mercoledì della nona settimana del Tempo Ordinario. I temi proposti sono: Sincerità per cercare la verità di Dio; Prospettive di eternità; Con tutto il cuore e con tutta la mente.

- Sincerità per cercare la verità di Dio

- Prospettive di eternità

- Con tutto il cuore e con tutta la mente


Sincerità per cercare la verità di Dio

La nostra storia personale è delineata in buona misura dagli incontri che abbiamo con altre persone: alcune volte si tratta di incontri casuali e altre volte voluti; in alcuni casi fanno parte della nostra attività quotidiana, mentre in altri casi nascono in modo imprevisto. Certe volte queste circostanze producono relazioni di amicizia che possono anche cambiarci la vita. Il Vangelo narra alcuni incontri che Gesù ebbe con i suoi conterranei. Si tratta di personaggi semplici, che un incontro quasi fortuito trasformò completamente, come la donna samaritana. C’erano anche alcune figure di rilievo, che cercavano Gesù per conversare con lui con l’intenzione di approfondire la conoscenza di Dio, come Nicodemo. Comunque, ve ne sono anche altri che lo interrogano non tanto per imparare, ma per trovare una incoerenza tra la sua predicazione e quello che dicono le Sacre Scritture.

È questo il caso, per esempio, dei sadducei, i quali non credono nella risurrezione e si avvicinano a Gesù per proporgli un caso che, almeno oggi, può sembrare intricato ed esagerato: se a una donna sono man mano morti i mariti che ha avuto, di chi di loro sarà moglie al momento della risurrezione? (cfr. Mc 12, 19-23). Quei sadducei non hanno un’autentica sete di scoprire la verità; non dialogano con la disposizione di cambiare in qualcosa il loro modo di pensare o di uscire dai loro schemi personali. Non accettano che «Dio è sempre più grande di come lo immaginiamo; le opere che compie sono sorprendenti rispetto ai nostri calcoli; il suo agire è diverso, sempre, supera i nostri bisogni e le nostre attese; e perciò non dobbiamo mai smettere di cercarlo e di convertirci al suo vero volto»[1].

Se ci soffermiamo sull’atteggiamento dei sadducei, anche noi possiamo chiederci: cerco di avvicinarmi alla verità di Dio, sapendo che corro il rischio di dover rivedere i miei pregiudizi e modificare i miei schemi? Sono disposto a far sì che la grandezza di Dio innalzi il mio sguardo e i miei punti di vista qualche volta un po’ macchinosi? Nessun incontro con Cristo lascia indifferente chi si avvicina con umiltà e senza barriere.


Prospettive di eternità

«Non è forse per questo che siete in errore, perché non conoscete le Scritture né la potenza di Dio? – risponde Gesù alla domanda dei sadducei –. Quando risorgeranno dai morti, infatti, non prenderanno né moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli» (Mc 12, 24-25). E per far capire chiaramente che la risurrezione è parte fondamentale del piano divino e che dopo la morte non soltanto l’anima troverà la vita, ma anche il nostro corpo, il Signore aggiunse che il Dio dei suoi padri «non è Dio dei morti, ma dei viventi» (Mc 12, 27).

Una delle questioni su cui più si è interrogato l’uomo nel corso della storia riguarda proprio quello che ci aspetta dopo la morte. E nel Vangelo, nella parola di Dio sempre attuale, troviamo la risposta a questa preoccupazione. Gesù assicura che la vita non termina con il percorso terreno. Siamo chiamati a essere «per sempre simili a Dio»[2]; siamo stati fatti per non morire mai, ma per abitare nel cielo, che non è un luogo fisico al di sopra di noi, ma una dimensione nuova, nella quale le nostre più profonde aspirazioni troveranno compimento. «Dio conosce e ama l’uomo totale che siamo attualmente. È, dunque, immortale quello che cresce e si sviluppa nella nostra vita già da ora. È nel nostro corpo che soffriamo e che amiamo, che speriamo, che proviamo la gioia e la tristezza, che facciamo progressi nel tempo»[3].

In questo senso, san Josemaría diceva che possiamo compiere tutte le attività qui sulla terra, anche le più apparentemente piccole, con «vibrazione d’eternità»[4]. Dietro il lavoro ben fatto, un dettaglio di servizio o una breve preghiera, si nasconde una prospettiva molto più ampia di quella che forse ci appare in un primo momento. Nulla di ciò che facciamo rimane infecondo, ogni gesto ci può preparare a contemplare Dio faccia a faccia nella vita eterna.


Con tutto il cuore e con tutta la mente

Sant’Agostino, mosso dal desiderio di conoscere meglio Dio per poterlo amare di più, cercò di andare più a fondo nella filosofia e in ciò che ci è stato rivelato dalla fede. Si racconta che una volta passeggiava sulla riva del mare, rimuginando nella sua testa molte riflessioni sulla Trinità. Vide allora un bambino che correva verso la sponda e riempiva un secchiello con l’acqua del mare; poi ritornava dov’era prima e lo svuotava in una buca che aveva fatto nella sabbia. Il bambino ripeteva l’operazione senza fermarsi fino a quando sant’Agostino gli domandò che cosa stava facendo. Allora il bambino gli spiegò che voleva svuotare il mare e portare tutta l’acqua in quella buca. A quel punto Sant’Agostino gli fece notare che era un lavoro impossibile, ma il bambino gli rispose che era molto più difficile comprendere quello che lui si stava proponendo: cercare di chiarire il mistero di Dio.

«La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s'innalza verso la contemplazione della verità. È Dio ad aver posto nel cuore dell'uomo il desiderio di conoscere la verità e, in definitiva, di conoscere Lui perché, conoscendolo e amandolo, possa giungere anche alla piena verità su se stesso»[5]. Questo è il modo in cui consideriamo le cose di Dio, così come ha insegnato al popolo di Israele: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente» (Mt 22, 37). «Cosa resta del tuo cuore per amare te stesso? – domanda sant’Agostino –. Cosa della tua anima o della tua mente? Dice: Con tutto. Esige tutto te colui che ti ha creato»[6].

San Josemaría era solito dire che la vita di un cristiano è contrassegnata dalla relazione filiale con Dio e, allo stesso tempo, dal desiderio di conoscerlo in profondità. «Pietà di bambini, dunque; ma non ignoranti, perché ognuno deve impegnarsi, nella misura delle sue possibilità, nello studio serio e scientifico della fede: la teologia non è altro che questo. Pietà di bambini – ripeto – e dottrina sicura di teologi»[7]. Possiamo rivolgerci alla Madonna affinché ci aiuti a frequentare suo Figlio con familiarità e ad aver voglia di amarlo e conoscerlo ogni giorno di più.


[1] Papa Francesco, Angelus, 11-XII-2022.

[2] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1023.

[3] Ratzinger, J., Cooperatori della Verità.

[4] San Josemaría, Amici di Dio, n. 239.

[5] San Giovanni Paolo II, Fides et Ratio, Introduzione.

[6] Sant’Agostino, Sermone 34.

[7] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 10.