Meditazioni: Giovedì della 9a settimana del Tempo Ordinario

Riflessioni per meditare nel giovedì della nona settimana del Tempo Ordinario. I temi proposti sono: La domanda dello scriba; Il lavoro, offerta a Dio e servizio agli uomini; Il nostro non è un cammino solitario.

-La domanda dello scriba.
-Il lavoro, offerta a Dio e servizio agli uomini.
-Il nostro non è un cammino solitario.


UNO SCRIBA si ritrova nel mezzo di una discussione di Gesù con i sadducei riguardo alla risurrezione dei morti. Sentito che il Signore aveva ben risposto, gli si avvicina per chiedergli: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Cristo risponde immediatamente: «Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l'unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c'è altro comandamento più grande di questi» (Mc 12, 29-31).

In un primo momento, le parole di Gesù non sembrano tanto nuove, dato che sta citando la Shemà, che ogni giudeo conosce bene e ripete diverse volte al giorno. L’uomo deve amare Dio pienamente: con tutto l’affetto, con tutta la volontà e con la piena disponibilità dell’intelligenza. Tuttavia, a causa del peccato sperimentiamo tutti la difficoltà di amare così il Signore, affrontiamo la fatica di discernere cosa è meglio in ogni situazione. San Josemaría, con riferimento a questa necessità di dover scegliere continuamente, sottolineava: «La libertà acquista il suo autentico significato quando viene esercitata al servizio della verità che redime, quando è spesa alla ricerca dell'Amore infinito di Dio, che ci scioglie da ogni schiavitù. Cresce in me di giorno in giorno l'impulso di proclamare a gran voce l'insondabile ricchezza del cristiano: La libertà della gloria dei figli di Dio! (Rm 8, 21). Questa è la volontà buona, che ci insegna a ricercare il bene, dopo averlo distinto dal male»[1].

QUELLO CHE SORPRENDE della risposta di Gesù ai suoi interlocutori è che mette insieme l’amore pieno di Dio con l’amore del prossimo; giungendo per di più a dire:«Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti» (Mt 22, 40). Cristo stesso è stato il primo a dare l’esempio: si preoccupava dei malati e dei poveri, procurava il cibo per l’anima e per il corpo di chi lo seguiva, curava chi glielo chiedeva ... Nell’ultima notte che passa con i suoi apostoli rende loro il servizio che era riservato ai servi: lava loro i piedi per fare vedere quale dev’essere la loro disponibilità. Gesù mette pienamente in chiaro qual «è l’ordine della carità: Dio, gli altri e io»[2]. Nella nostra preghiera, possiamo considerare davanti al Signore se questi sono i motivi che in questo momento muovono i nostri desideri e progetti.

Non sappiamo molto della vita di Gesù prima del periodo pubblico della predicazione. Il Vangelo di san Marco ci dice che ha lavorato come artigiano (cfr. Mc 6, 3), il che ci fa pensare che ha svolto numerosi lavori per gli abitanti di Nazaret. Gesù avrà lavorato con competenza per dare il migliore servizio possibile. Questo modo di fare, che certamente avrà imparato da Giuseppe, ci mostra una caratteristica fondamentale di ogni cristiano: lavorate con spirito di servizio e con il desiderio di contribuire al bene e alla cura degli altri. Riguardo a questo, il fondatore dell’Opus Dei diceva che « il lavoro di Giuseppe non tendeva all'affermazione di sé, anche se effettivamente la dedizione a una vita di lavoro gli aveva dato una personalità matura e spiccata. Il Patriarca lavorava con la consapevolezza di compiere la volontà di Dio, pensando al bene dei suoi — Gesù e Maria — e avendo presente il bene di tutti gli abitanti della piccola Nazaret»[3].

Sin da piccolo, Gesù avrà visto come Giuseppe sapeva trasformare il lavoro in un atto d’amore di Dio e di servizio agli uomini. La vita del santo Patriarca era così caratterizzata perchè era dedicata al sostentamento della sua famiglia con il suo quotidiano impegno nel lavoro manuale. Alla fine, la reazione dello scriba alle parole del Signore, dà alle giornate di lavoro occulto del Signore lo stesso significato di quelle del tempo della predicazione. «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all'infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l'intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici» (Mc 12, 32-33).

LO SCRIBA RICONOSCE che l’amore per il prossimo è ciò che di meglio possa offrire a Dio, e che si tratta di una offerta che possiamo fare continuamente, in ogni cosa che facciamo. Così, l’attenzione delle nostre relazioni con gli altri, si trasforma in qualcosa di molto più importante dei sacrifici che possiamo fare, perchè ci mettiamo nella carità che unisce Gesù con Dio Padre e che è la fonte del servizio a ogni persona. Le nostre occupazioni diventano offerte degne e gradite a Dio quando esprimono questo interesse divino per quelli che ci stanno vicino e per quelli per i quali lavoriamo. Come diceva san Josemaría: «Il nostro amore deve essere abnegato, quotidiano, ricco di mille sfumature di comprensione, di sacrificio silenzioso, di donazione nascosta. È questo il bonus odor Christi che faceva dire a quelli che vivevano tra i primi fratelli nella fede: Guardate come si amano[4].

Abitualmente Gesù si è manifestato in mezzo a comunità di persone. E sappiamo che, quando si prendeva del tempo per pregare in solitudine, in gran parte, era per intercedere per i suoi e per la venuta del Regno a vantaggio degli uomini (Cfr. Lc 11, 1-4). L’amore di Dio non ci isola dagli altri, ma anzi si volge a favore di quelli che ci stanno intorno. «Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello» (1 Gv 4, 20-21). Magari alcune persone ci viene più facile amarle; per altre, invece, abbiamo difficoltà anche consistenti: ogni singola persona è diversa, con il suo carattere, interessi, modo di essre ed esperienze maturate. In ogni caso, Gesù ci ha insegnato come rinsaldare una comunità di persone. «Finché ci sarà un fratello o una sorella a cui chiudiamo il nostro cuore, saremo ancora lontani dall’essere discepoli come Gesù ci chiede. Ma la sua divina misericordia non ci permette di scoraggiarci, anzi ci chiama a ricominciare ogni giorno per vivere coerentemente il Vangelo»[5].

Il primo sforzo, magari, potrà essere con i più prossimi: i nostri familiari, i nostri amici, i nostri colleghi di lavoro... Il desiderio per somigliare sempre di più a Cristo ci porterà a farci carico delle necessità degli altri, mettendo da parte la comodità o l’egoismo. Al contempo, questo comportamento, ci permetterà di scoprire ciò che il Signore o le persone che ci amano fanno per noi: «Solo la mia disponibilità ad andare incontro al prossimo, a mostrargli amore, mi rende sensibile anche di fronte a Dio. Solo il servizio al prossimo apre i miei occhi su quello che Dio fa per me e su come Egli mi ama»[6]. Possiamo chiedere alla Vergine Maria di aiutarci ad avere un cuore come il suo per amare Gesù e tutti i nostri fratelli.

[1] San Josemaría, Amici di Dio, n. 27.

[2] San Josemaría, A tu per tu con Dio, n. 155.

[3] San Josemaría. È Gesù che passa, n. 51.

[4] San Josemaría. È Gesù che passa, n. 36.

[5] Francesco, Angelus 25-X-2020.

[6] Benedetto XVI, Enc. Deus caritas est, n. 18.