Meditazioni: Giovedì della 6ª settimana del Tempo Ordinario

Riflessioni per meditare nel giovedì della sesta settimana del Tempo Ordinario. I temi proposti sono: Scoprire il vero Messia; La croce ci dice chi è Gesù Cristo; La via della contrizione.

- Scoprire il vero Messia

- La croce ci dice chi è Gesù Cristo

- La via della contrizione


NEL PROCEDERE, A POCO A POCO, sulla via cristiana, vi sono momenti nei quali ci troviamo di fronte a due domande che Gesù formula nel Vangelo. La prima: «La gente, chi dice che io sia?». Per passare poi all’interrogativo che cambia la nostra vita alla radice: «Ma voi, chi dite che io sia?» (Mc 8, 28-29). Chi sono io per te? Gli apostoli, all’inizio, sperando che il Signore stesso rispondesse per loro, tergiversarono. «Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti». Non sembra che avessero le idee molto chiare. Pietro, audace, risponde con forza: «Tu sei il Cristo». Quelle parole esprimevano il culmine della fede di Israele e, con essa, abbracciavano il futuro e le aspettative dell’umanità di tutti i tempi.

«Tuttavia Pietro non aveva ancora capito il profondo contenuto della missione messianica di Gesù, il nuovo senso della parola “Messia”. Lo dimostra poco dopo, lasciando capire che il Messia che sta inseguendo nei suoi sogni è molto diverso dal vero progetto di Dio. Davanti all’annuncio della passione si scandalizza e protesta, suscitando la vivace reazione di Gesù. Pietro vuole un Messia che compia le attese della gente, imponendo a tutti la sua potenza. È anche il desiderio nostro che il Signore imponga la sua potenza e trasformi subito il mondo [...]. È la grande alternativa, che anche noi dobbiamo sempre imparare di nuovo: privilegiare le proprie attese respingendo Gesù o accogliere Gesù nella verità della sua missione e accantonare le nostre attese troppo umane»[1].

Anche noi, come quei primi discepoli, siamo chiamati a scoprire personalmente il vero volto di Cristo. Comprendere la vera natura del suo Regno è un compito che richiede pazienza e maturità interiore. Forse, in questo compito, ci può essere utile guardare la vita dei santi: essi seppero rinunciare alle loro aspettative umane per accogliere quelle divine.


NEL CAMMINO CHE CI PORTA AL CIELO convivono la fede gioiosa nel Salvatore con la oscurità della croce; l’esperienza di una gioia che va oltre ogni misura umana, con le inevitabili difficoltà del percorso, che possono anche essere dovute alle nostre distrazioni. Una cosa non avviene senza l’altra. «Come viviamo la fede? L’amore di Cristo crocifisso e risorto rimane al centro della nostra vita quotidiana come fonte di salvezza, oppure ci accontentiamo di qualche formalità religiosa per metterci la coscienza a posto? Come viviamo la fede, noi? Siamo attaccati al tesoro prezioso, alla bellezza della novità di Cristo, oppure gli preferiamo qualcosa che al momento ci attira ma poi ci lascia il vuoto dentro?»[2].

Affinché la fede dei suoi apostoli maturasse, il Signore li riunì «e cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere» (Mc 8, 31). San Josemaría, nel ricordare i momenti di difficoltà che egli stesso aveva attraversato, faceva notare che «insegnamento cristiano sul dolore non propone un programma di facili consolazioni. È, in primo luogo, una dottrina di accettazione della sofferenza, la quale di fatto è inseparabile dalla vita di ogni uomo. Non vi nascondo – e lo dico con gioia, perché ho sempre predicato, e cerco di vivere, che dove c’è la Croce, c’è Cristo, c’è l’Amore – che il dolore si è affacciato frequentemente nella mia vita, e più di una volta ho avuto voglia di piangere [...]. Quando parlo del dolore, non ne parlo soltanto in teoria. E non mi limito a raccogliere le esperienze altrui quando insisto che, se talvolta di fronte alla realtà della sofferenza sentite la vostra anima vacillare, il rimedio è guardare Cristo. La scena del Calvario proclama a tutti che le tribolazioni vanno santificate vivendo uniti alla Croce»[3].

Non possiamo tracciare un profilo completo di Gesù senza guardare la croce. Siamo felici di scoprire le gioie quotidiane della sua vita nascosta; la sua predicazione e i suoi miracoli alimentano la nostra speranza; la risurrezione ci conferma in una fede grande. Però vedere il Figlio di Dio crocifisso è una parte essenziale della vita di Cristo. Solo allora comprenderemo che Dio ci tiene compagnia anche nel dolore, nella solitudine e nella sofferenza.


PER RISPONDERE ALLA DOMANDA che tutti noi sentiamo nel cuore – chi è Gesù per noi – non è sufficiente una dottrina imparata nei libri, ma occorre aver passato con il Signore momenti buoni e altri cattivi. San Pietro, infatti, viene immediatamente corretto dal Signore perché non riesce a capire che la croce può far parte del suo amore infinito. Anche più avanti l’apostolo «contemplò i miracoli che faceva Gesù, vide il suo potere [...], ma a un certo punto Pietro negò Gesù [...]. E fu proprio in quel momento che imparò questa difficile scienza – più che scienza, sapienza – delle lacrime, del pianto»[4]. Si tratta della via della contrizione, che tanto ci avvicina al Signore.

Non molto tempo dopo, a risurrezione avvenuta, in una nuova confessione di fede in riva al Mare di Galilea, Pietro «sentì vergogna, ricordò quel pomeriggio del giovedì santo: le tre volte che aveva rinnegato Gesù. Sulla spiaggia di Tiberiade, Pietro pianse non amaramente come il giovedì, però pianse»[5]. Questa volta il suo dolore si trasformò in fiducia, in una fede più matura. Il più grande degli apostoli ci mostra che neppure i nostri difetti ci devono allontanare da Gesù. La domanda che il Signore fece a Pietro – chi sono io per te? – si comprende solo lungo la strada, che è un percorso di grazia e di cadute, ma sempre a fianco di Gesù.

Riconosciamo il Signore anche quando tocchiamo i limiti umani nello scoprire che, pur nel caso dei nostri errori e delle nostre mancanze, il Signore non si allontana da noi. La contrizione, il dolore che ci muove a rendere più limpido lo sguardo, permette di vedere con chiarezza che Dio è buono. Invochiamo Maria come regina dei peccatori, perché vogliamo essere sempre più consapevoli di aver bisogno del perdono di Dio. Anche lei è sempre con noi durante il cammino.


[1] Benedetto XVI, Udienza, 17-V-2006.

[2] Papa Francesco, Udienza, 1-IX-2021.

[3] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 168.

[4] Papa Francesco, Meditazione, 20-II-2014.

[5] Ibid.