Meditazioni: 25 marzo. Solennità dell’Annunciazione del Signore

Riflessioni per meditare nel giorno della solennità dell'Annunciazione del Signore, venerdì della terza settimana di Quaresima. I temi proposti sono: Dio divinizza la nostra vita; Contemplare la vita di Gesù; Una divinità molto umana.

- Dio divinizza la nostra vita

- Contemplare la vita di Gesù

- Una divinità molto umana


«Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi, e noi abbiamo contemplato la sua gloria» (Gv 1, 4). Nella solennità dell’annunciazione del Signore, ci rallegriamo per la grande misericordia che Dio ci ha mostrato venendo nel nostro mondo. Celebriamo Gesù di Nazaret, Dio vero e vero Uomo; celebriamo santa Maria, che è divenuta Madre del Signore; in qualche modo, celebriamo l’intera umanità - e anche noi stessi – perché il mistero dell’Incarnazione ci dice che la nostra natura umana ha una altissima dignità, capace perfino di divinizzarci in virtù della grazia.

Nella festa odierna, il nostro sguardo si rivolge in modo particolare a Gesù, il Verbo di Dio fatto carne. «Ti contemplo perfectus Deus, perfectus homo (Simbolo Quicumque): vero Dio, ma anche vero uomo, fatto di carne come la mia. Annientò se stesso prendendo forma di schiavo (Fil 2, 7), affinché io non dubitassi mai che mi comprende, che mi ama»[1]. Questa verità di fede, insieme agli avvenimenti storici, è una fonte di pace inesauribile per la nostra anima. «Dio si è fatto fragilità per toccare da vicino le nostre fragilità»[2].

Allo stesso tempo, sapere che Dio ha assunto la natura umana è anche un invito a lasciare che divinizzi ogni aspetto della nostra vita. All’inizio della santa Messa, chiediamo audacemente al Signore che operi in noi questa trasformazione: «Concedi a noi, che professiamo la fede nel nostro redentore, vero Dio e vero uomo, di essere partecipi della natura divina»[3]. Il Mistero dell’Incarnazione ci dice che la nostra esistenza ha una dimensione più grande di quella semplicemente umana, già buona in se stessa: siamo anche capaci di avere vita soprannaturale, di vedere più in là dell’effimero, di amare con una forza che viene da Dio, per mezzo di Cristo, simile a noi per tante cose.


«Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te» (Lc 1, 28). Sin dall’inizio della sua vita, Maria avrà percepito questa vicinanza con Dio, magari nel notare le sue attenzioni. Nel momento dell’Incarnazione, tuttavia, questa vicinanza diviene più grande: la vita di Nostra Signora è, anche nella terra, intimamente unita a quella di Dio. La Vergine ha potuto godere in una maniera unica della vicinanza di Dio, nel tempo della convivenza con Gesù a Nazaret, durante le attività più semplici e quotidiane. E una volta iniziata la sua vita pubblica, ha continuato a condividerne molti momenti.

Certamente, l’esperienza di Maria è irripetibile: nessuno come lei ha mai avuto una tale intimità con Gesù. Tuttavia, quello che noi non possiamo vedere con gli occhi della carne, possiamo però vederlo con gli occhi della fede. Per questo, la contemplazione del Vangelo è un modo privilegiato per riscoprire l’Umanità del Signore, così tanto conosciuta dalla Vergine Maria. Non si tratta di leggerne le pagine «come acqua che scorre via»[4], ma con lo stesso sguardo con il quale nostra Madre osservava la vita di suo Figlio: «perché è necessario conoscerla bene, averla ben presente nella mente e nel cuore, in modo che, in ogni momento, senza più bisogno di libri, chiudendo gli occhi, possiamo contemplarla come in un film e, quando dobbiamo decidere come comportarci, possiamo richiamare alla mente le parole e i gesti del Signore»[5].

Il Catechismo spiega così la trasformazione che sperimentiamo, quando osserviamo in questo modo l’esistenza del Messia:

«La preghiera contemplativa è sguardo di fede fissato su Gesù. «Io lo guardo ed egli mi guarda», diceva, al tempo del suo santo Curato, il contadino d'Ars in preghiera davanti al Tabernacolo. (...) La luce dello sguardo di Gesù illumina gli occhi del nostro cuore; ci insegna a vedere tutto nella luce della sua verità e della sua compassione per tutti gli uomini»[6]. Come due innamorati, senza bisogno di molte parole, basta uno sguardo per comprendere l’amore grande e fedele che avvolge la nostra vita.


In questi momenti di preghiera intima con il Signore possiamo imparare tanti gesti e parole che, dopo, ci serviranno da ispirazione nelle nostre lotte quotidiane. Contemplare il modo in cui Cristo univa l’amore divino e l’amore umano può aiutarci a dare lo stesso tono di umanità alla nostra vita cristiana. San Josemaría diceva che «per giungere a essere divini, per divinizzarci, è necessario imparare a essere molto umani»[7]. La solennità dell’Annunciazione del Signore ci ricorda proprio questo: che Dio non rimane in Cielo. Gesù ci mostra che è un Dio molto umano: con la sua delicatezza nel rapporto con tutte le persone, con il suo essere vicino agli emarginati, con la sua premura per i discepoli.

In questo modo, contemplare Gesù, vero uomo, non solo alimenta la nostra preghiera, ma anche la nostra missione cristiana di servizio. Egli è con noi anche fisicamente, per mezzo del suo corpo: con la sua voce, con le sue mani che guarivano e benedicevano, con le sue braccia che si sono aperte per abbracciare la croce. Non elabora piani teorici, ma mette mano all’opera.

«Questo modo di agire di Dio è un forte stimolo ad interrogarci sul realismo della nostra fede, che non deve essere limitata alla sfera del sentimento, delle emozioni, ma deve entrare nel concreto della nostra esistenza»[8]. Il sacrificio che Gesù offre al Padre è la sua intera vita; un impegno che comprende ogni secondo del suo passaggio sulla terra. Questo è stato anche l’atteggiamento della Vergine, che con il suo fiat nel giorno dell’Annunciazione confidò «nelle promesse di Dio, che è l’unica forza capace di rinnovare, di fare nuove tutte le cose»[9].


[1] San Josemaría, Amici di Dio, n. 201.

[2] Francesco, Angelus, 3-I-2021.

[3] Messale Romano, Colletta, Solennità dell’Annunciazione del Signore.

[4] San Josemaría, Riunione familiare, 2-1-1971.

[5] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 107.

[6] Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2715.

[7] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 172.

[8] Benedetto XVI, Udienza generale, 9-1-2013.

[9] Francesco, Discorso, 26-1-2019.