La preghiera allarga l'anima verso tutti

Il 17 novembre, in quattromila alla Fiera di Milano assieme a mons. Javier Echevarría, vescovo prelato dell'Opus Dei: un articolo di “Avvenire”.

Un incontro di famiglie in un clima di famiglia, centrato soprattutto sulla semplice quotidianità dei laici che tra coniuge, figli e lavoro rischiano di perdere il filo della vita cristiana proprio là dove sono chiamati a trovare il tesoro della loro esistenza.

In estrema sintesi, è questo il senso dell'incontro che ieri pomeriggio ha visto il prelato dell'Opus Dei, il vescovo Javier Echevarría, alla Fiera di Milano insieme a oltre 4mila persone provenienti dalla metropoli e da varie città della Lombardia e del Nord Italia, membri della Prelatura e loro amici. Preghiera, fedeltà, servizio le parole ricorrenti nella conversazione che monsignor Echevarría ha intrecciato dal grande palco affollato di genitori e bambini con la platea, nella forma del dialogo pubblico cara al fondatore dell'Opus Dei san Josemaría Escrivá.

Domande e risposte, aneddoti ed esempi di vita concreta, per rendere più comprensibili i concetti che ha proposto intessendo con humour oltre un'ora di confronto vivace e a tratti anche toccante. Come quando, entrando nella grande sala, s'è soffermato a lungo con alcuni malati e le loro famiglie, ricordando poi a tutti che «l'Opus Dei deve molto alla preghiera dei malati e dei poveri» ai quali nella Madrid dei primi anni Trenta Escrivá affidò quel rivoluzionario cammino di santificazione dei laici in mezzo al mondo che Dio gli aveva mostrato nel 1928.

Parlando di loro e della Chiesa ambrosiana Echevarría ha voluto aprire il suo breve discorso introduttivo, nel quale ha accennato all'incontro in mattinata col cardinale Scola e alla visita in Duomo (dove ha «acceso tre candele alla Madonna: una per la Chiesa, una per il Papa e una per le famiglie dell'Opus Dei»): «Vogliate molto bene al vostro arcivescovo - ha ripetuto più volte, rivolgendosi ai molti milanesi presenti -, chiedete tutti i giorni al Signore che il suo ministero sia ricco di frutti per il servizio di Dio». Un pensiero intenso il prelato ha invitato a rivolgerlo soprattutto al Papa: «Dobbiamo essere buoni figli suoi, e lo saremo unendo la nostra preghiera alla sua».

Proprio il ricorrente, esplicito e accorato invito alla preghiera, quella «intimità con Dio che allarga l'anima verso tutti», è stato il vero filo conduttore del botta e risposta nel quale Echevarría ha raccolto domande che hanno portato la riflessione sui grandi temi del nostro tempo: il lavoro che manca, le famiglie che faticano a stare insieme, l'ardua conciliazione per le donne tra maternità, professione e vita familiare, uno stile di vita sobrio in tempi di crisi, col sigillo cristiano del sorriso: «Pregate sempre per chi non ha lavoro, accettate con umiltà un'offerta professionale anche se non si addice in pieno alla vostra competenza: poi mostrerete con il lavoro ben fatto le vostre qualità, e altre porte si apriranno».

Esortando le coppie di sposi a offrire l'esempio della loro fedeltà reciproca «senza serbare neppure l'ombra di un rancore», Echevarría ha anche incoraggiato le famiglie che promuovono in Italia le scuole paritarie del Faes, ricordando che Escrivà intuì nel 1963 la necessità che fossero i genitori a prendere l'iniziativa per organizzare e gestire realtà scolastiche armonizzate con lo stile pedagogico delle famiglie.

Del fondatore dell'Opera il suo secondo successore (che ha anche lungamente parlato della fedeltà e della fermezza di monsignor Álvaro Del Portillo, il primo a raccogliere il testimone di Escrivá) ha raccontato un dettaglio poco noto: con sé, sul petto, portava una medaglia con una reliquia della Croce, «sapendo così di essere sempre in compagnia del luogo della nostra salvezza, anche nei momenti di gioia». Quella reliquia «passò poi a don Alvaro». E non è stato difficile intuire chi ora la rechi con sé.

    Francesco Ognibene // Avvenire