Il testo che segue è un estratto di uno scritto più esteso sul prelato dell’Opus Dei che ha preceduto mons. Fernando Ocariz. Don Iñaki ha vissuto e lavorato a stretto contatto con don Javier dal 1954: prima come rettore del Collegio Romano della Santa Croce, successivamente come direttore spirituale centrale dell’Opus Dei.
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L’affetto, la preoccupazione e l’attenzione per i malati hanno avuto una parte importante nella vita, nella preghiera e nella mortificazione di don Javier: è possibile riscontrarlo molto facilmente, a partire dalla sua elezione come prelato dell’Opus Dei. Non trascorreva un giorno senza che, negli incontri e nelle conversazioni con i suoi figli spirituali, si ricordasse dei malati delle diverse circoscrizioni dell’Opus Dei nel mondo, affinché si pregasse per loro e fossero custoditi come dei tesori per l’Opera.
Accadeva abbastanza di frequente, praticamente ogni giorno, che gli portassero notizia di qualche malato nelle varie parti del mondo: chiedeva preghiere, gli scriveva una lettera (di queste se ne conservano migliaia), gli faceva arrivare il suo affetto e la sua benedizione paterna… e chiedeva che la malattia venisse offerta anche per le sue intenzioni.
Raccomandava ai direttori dell’Opera che lo tenessero aggiornato sugli sviluppi della malattia; visitava personalmente tutti coloro che trascorrevano il tempo della malattia a Roma, o che erano ricoverati per un’operazione chirurgica: siamo in centinaia a conservare ricordi pieni di gratitudine per queste visite, e tanti si sono annotate le parole che il prelato rivolse loro in queste occasioni. Nei suoi viaggi apostolici faceva lo stesso con i malati che si trovavano in ciascuna città. Ricordo particolarmente uno dei suoi ultimi viaggi a Burgos: trascorse molto tempo con una persona che soffriva di una malattia degenerativa a uno stadio decisamente avanzato. Non era chiaro se questa persona capisse qualcosa, ma la invitò a vivere la malattia con amore di Dio e a offrire il proprio dolore per le intenzioni del Papa; chi assistette alla conversazione rimase molto colpito. Tutte le volte che si recava a Pamplona, per ragioni mediche o di altra natura, dedicava molto tempo a visitare i malati ricoverati nella Clinica dell’Università di Navarra e a ringraziare del lavoro svolto dal personale medico e sanitario.
Anche coloro che lo accompagnavano più da vicino nei giorni precedenti alla morte, avvenuta nel policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma, poterono osservare questo aspetto profondo della sua personalità nel suo interesse per gli altri malati dell’ospedale e per il personale medico e sanitario.