Elis, l’università del lavoro

“A Roma sono quasi diecimila i giovani formati e avviati a sicura attività dal centro plasmato dal carisma di monsignor Escrivá”. Articolo di Alberto Mazzuca pubblicato su QN il 5 settembre 2005.

Anche Gesù, il figlio di Dio, ha condotto per trent'anni una vita normale, come ognuno di noi. E ha lavorato, come milioni di altri uomini su questa terra. Il lavoro, dirà Giovanni Paolo II «è anche mezzo di santificazione personale e di apostolato quando è vissuto in unione con Cristo». Il lavoro, scriverà Josemaría Escrivá, il fondatore dell’Opus Dei, è «la prima vocazione dell'uomo, è una benedizione di Dio, e si sbagliano quelli che lo considerano un castigo».

Pierluigi Bartolomei, romano de Roma, cerca di concretizzare ogni giorno questi concetti dimostrando, dice, «come l'amore possa educare alla bellezza di un lavoro ben fatto». Dal l989 dirige a Roma il Centro Elis sorto più di quarant'anni fa nel quartiere Tiburtino-Collatino per iniziativa di tre papi: Pio XII ha voluto che i doni giunti da tutto il mondo in occasione dell’ottantesimo compleanno fossero destinati alla costruzione di un’opera sociale in un quartiere particolarmente difficile di Roma come era negli anni cinquanta il Tiburtino. Giovanni XXIII ha affidato la realizzazione e la gestione dell’attività sociale all’Opus Dei e Paolo VI l'ha inaugurata ufficialmente il 21 novembre 1965 alla presenza di Josemaría Escrivá. Quel giorno il sacerdote spagnolo, proclamato santo nel 2002, assegnerà al Centro il compito di essere «l’università del lavoro».

Figlio di un poliziotto, Gregorio, e della sora Margherita, la tipica madre romana rappresentata nei film anni Sessanta, quindi donna robusta, brava cuoca, giocherellona e lingua tagliente, Pierluigi è del 1961 e da ragazzo fa di tutto: il bulletto di periferia bivaccando al bar, corteggiando le ragazze e menando botte: l’estremista in politica seguendo gli incontri di Oreste Scalzone e gli attivisti di Autonomia operaia nei periodi più caldi e nascondendo a papà, di tutte altre idee, di essere schierato in maniera così radicale; la comparsa generica («a quattro stelle» chiarirà) a Cinecittà. Fa nelle trattorie il cantante di stornelli in romanesco (tra i suoi pezzi forti, Vecchia Roma e Il barcaiolo, e nei locali notturni il cabarettista grazie a un’innata faccia tosta e ad una naturale allegria.

Insomma, Pierluigi che in molti chiamano Gigi, è per anni il tipico romano “caciarone”. Fino a quando, poco più che diciottenne, non incontra al Terminillo una persona che gli sconvolge la vita. Chiede un passaggio in auto per rientrare a Roma a un ingegnere di nome Alfonso Oliviero che, poi saprà, ha passato molti anni costruendo dighe e acquedotti in vari Paesi dell’Africa. In auto questa persona comincia a recitare il rosario. Gigi, che in quel periodo non ha proprio legami con la religione pur avendo una zia tutta casa e chiesa, «quasi una bigotta» dirà, e pur definendosi «papista ma solo in quanto romano», ammutolisce. Se ne sta zitto fino alla fine del rosario. Poi comincia a fare domande. Ottenendo anche delle risposte. Insomma, il giovane Gigi resta talmente colpito da cercare in tutti i modi di rivederlo. E un giorno l’ingegnere Oliviero lo porta nel centro universitario Ripagrande, in via degli Scipioni. Lì Bartolomei ha un altro choc: incontra giovani più o meno della sua età, tutti molto cordiali, sorridenti, alla mano, ma capaci di studiare in completo silenzio e con grande intensità. Nota che ognuno di loro tiene sul tavolo, accanto al libro, un piccolo crocifisso senza l’immagine di Gesù in croce. Ne domanda il perchè. Ottenendo questa risposta: «Le ore di studio le offriamo a Gesù. È il nostro lavoro che, se fatto bene, diventa una preghiera». Finirà che Bartolomei cambierà stile dì vita.

Cambia all'esterno, buttando via i jeans attillati e il giubbotto di pelle, tipo il televisivo Fonzie, e indossando giacca e cravatta. E cambia interiormente: va all’università, economia e commercio a La Sapienza, dando esami su esami e laureandosi nei tempi giusti; lascia tutte le vecchie amicizie, fidanzatine comprese; prega anche molto. Suscitando perplessità in famiglia. La sora Margherita affronta don Flavio Cappucci, il sacerdote che segue tra gli altri anche Pierluigi, e gli dice: «Mio figlio si è quasi rimbambito, studia con i santini vicino, è diverso. Volesse farsi prete?» E papà Gregorio, alzando le mani al cielo: "Prete no, non glielo perdonerei…». Pierluigi non diventerà prete ma entrerà nell'Opus Dei: canterà i suoi stornelli in romanesco anche Giovanni Paolo II quando il papa si recherà a Sant’Eugenio, una delle tre parrocchie romane affidate a sacerdoti dell’Opus Dei; lavorerà per sette anni nella grande distribuzione, alla Metro, prima di occuparsi del Centro Elis; parteciperà a tavole rotonde e conferenze.. E proprio in uno di questi dibattiti incontrerà la ragazza che diventerà sua moglie: Emanuela Strati, laurea in legge e impiego in tribunale. Dal matrimoni nasceranno quattro figli, il quinto è in arrivo.

Il Centro Elis (Elis sta per educazione lavoro, istruzione, sport) sorge su una superficie di quattro ettari. Comprende una residenza per 150 giovani, la maggior parte studenti della Scuola di formazione superiore Elis. Un edificio è dedicato alla formazione professionale tradizionale, quindi ospita corsi per meccanici, orafi, orologiai, elettrotecnici, elettronici. E ogni anno sono duecento i ragazzi che si specializzano. Parte dell’edificio è dedicata anche alla formazione nelle nuove tecnologie con corsi biennali post-diploma frequentati da un centinaio di giovani. In totale nove corsi. Il Centro ospita poi un incubatore di impresa, con locali, attrezzature, consulenti, per favorire la nascita di nuove aziende; una scuola sportiva con 400 allievi, tre campi di calcio, uno di basket; una palestra coperta, venticinque allenatori; una biblioteca con diecimila volumi; tre sale di studio. E per avere una forte integrazione con il mondo aziendale, è stato costituito un consorzio con una quarantina di imprese in modo da preparare le figure professionali più richieste dagli imprenditori. Finora sono state avviate al lavoro circa diecimila persone e dal vivaio dell’Elis sono sorte una ventina di imprese.

L’attenzione è personalizzata. Non è semplice. Per l’80%, spiega Bartolomei, «chi frequenta i corsi sono ragazzi provati dalla vita». C’è chi ha genitori malati, chi ha subito maltrattamenti, chi è ammalato lui stesso. E ci sono i delinquenti: chi ha ucciso e viene accompagnato dalla scorta, chi ha violentato, chi ha rubato. Molti gli extracomunitari, slavi in particolare. «Per ognuno di loro – dice Bartolomei – cerco di fare una scuola su misura. Come se fossi un sarto. Perché ci sono prima gli uomini e poi le regole». In questa esperienza ha avuto due esempi importanti: il primo è quello di Bruno Fasanelli, giudice della Settima penale e direttore dell’intero Centro Elis. Una persona, riconosce Gigi, «schietta, dura ma amorevole». Il secondo esempio è quello di Gilberto Balducci, un perito industriale che il fondatore dell’Opus Dei chiamava scherzosamente «Giraffone» per il suo metro e 96 di altezza. A volte Escrivá gli diceva: «Scendi giù perché voglio abbracciarti». Balducci è milanese e conosce l’Opus Dei a Milano nel 1960. Tre anni dopo si trasferisce a Roma per insegnare proprio al Centro Elis, al quale ancora oggi collabora. Balducci racconta come Escrivá invitasse a fare bene qualunque attività e di offrirla al Signore. Se qualcuno gli chiedeva quale fosse il lavoro migliore, lui rispendeva «che era quello che veniva fatto con più amore di Dio». Una volta visitando una classe e trovando i ragazzi con le mani sporche per un’esercitazione, Escrivá aveva preso le mani nere di uno di loro e le aveva baciate dicendo: «Figlio mio, tu puoi offrire questo lavoro a Dio come preghiera, nello stesso modo in cui io offro ogni giorno la Santa Messa».

In effetti il Centro Elis è una scuola speciale. Con Bartolomei alla continua ricerca di cosa possa attirare quei duecento ragazzi piuttosto difficili. E lo fa ricorrendo ad un sistema diverso di insegnare, decisamente alternativo e coinvolgente. La storia, ad esempio, viene studiata con l’impiego dei soldatini di piombo. Ed è Giuseppe Cossiga, storico al Pio Sacco e figlio dell’ex capo di Stato che da spere ha una simpatia per l’Opus Dei, ad insegnarla ogni venerdì con l’utilizzo di un plastico. Per i corsi di comunicazione Bartolomei fa realizzare un telegiornale interno con l’aiuto di una serie di giornalisti della tv oppure ricorre al teatro per effettuare la “risoterapia”, un modo cioè per uscire da certi problemi psicofisici e ritrovare un minimo di serenità. Ha poi messo a disposizione una piccola casa che gli allievi devono imparare a cablare mentre lo studio dell’inglese avviene attraverso il canto: non canzoncine tradizionali, ma cori. Cori? Già, i cori che i tifosi di calcio innalzano ogni domenica negli stadi. Qui i ragazzi, spiega Bartolomei, «sono tutti curvaroli».

Ci sono soluzioni anche per chi soffre l’aula. «Il guanto va adattato su misura», chiarisce Bartolomei. Così chi segue i corsi di meccanica va poi a fare esperienza a Trenitalia. E chi invece segue i corsi di orafi e orologiai, può andare a Villa Borghese dove il Centro Elis ha “adottato” il famoso orologio ad acqua dei giardini del Pincio.