Tema 7. La libertà umana

La Chiesa ritiene che la libertà sia uno splendido segno dell’immagine divina nell’uomo. La partecipazione degli uomini alla beatitudine divina è un bene così grande e così desiderato dall’Amore Divino, che Dio ha voluto correre il rischio della libertà umana. In senso morale, la libertà umana non è tanto una proprietà naturale della persona quanto una conquista, frutto dell’educazione, delle virtù morali possedute e della grazia di Dio.

1. Dio creò l’uomo libero. Cos’è la libertà umana?

La Sacra Scrittura ci dice che Dio creò l’uomo come essere libero. «Da principio Dio creò l’uomo e lo lasciò in balìa del suo proprio volere. Se tu vuoi, puoi osservare i comandamenti; l’essere fedele dipende dalla tua buona volontà. Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua: là dove vuoi tendi la tua mano. Davanti agli uomini stanno la vita e la morte: a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà»[1].

La Chiesa ritiene che la libertà umana è «segno altissimo dell’immagine divina»[2]. Nello stesso tempo ci insegna per quale motivo ci è stata data la libertà: «Dio volle lasciare l’uomo in mano al suo consiglio, così che esso cerchi spontaneamente il suo Creatore, e giunga liberamente, con l’adesione a lui, alla piena e beata perfezione»[3]. Creando l’uomo a sua immagine e somiglianza, Dio avvia il suo progetto di creare esseri capaci di partecipare alla sua stessa vita divina e di entrare in comunione con Lui.

Perché gli uomini possano aderire liberamente a Dio, come dice la costituzione Gaudium et spes, è necessario che gli uomini siano liberi, vale a dire, capaci di conoscere e consolidare autonomamente il bene. Questo comporta nell’uomo, che è un essere finito e fallibile, la triste possibilità di fare un cattivo uso della libertà che Dio gli ha dato, negando il bene e consolidandosi nel male. D’altra parte, se non fosse veramente libero, l’uomo non potrebbe partecipare alla felicità divina, che consiste nel conoscere e amare il Sommo Bene, che è Dio stesso. Le stelle seguono con grande esattezza le leggi che Dio ha dato loro, ma non possono conoscere e amare, e perciò non possono partecipare alla felicità di Dio. Come scrive san Josemaría, «soltanto noi uomini - sugli angeli va fatto un discorso a parte - ci uniamo al Creatore attraverso l’esercizio della nostra libertà»[4]. La partecipazione degli uomini alla beatitudine divina è un bene tanto grande e tanto desiderato dall’Amore divino, che Dio ha voluto correre il rischio della libertà umana.

Per intendere meglio tutto questo, esamineremo qui di seguito i diversi sensi in cui si parla di libertà umana, l’essenza della libertà e poi la libertà considerata dal punto di vista della storia della salvezza.


2. Le dimensioni della libertà umana

La libertà umana ha varie dimensioni. La libertà di coercizione è quella di cui gode la persona che può realizzare esteriormente quello che ha deciso di fare, senza imposizioni o impedimenti di agenti esterni. Generalmente s’intende in questo modo la libertà nell’ambito del diritto e della politica: così si parla di libertà di espressione, di libertà di riunione, ecc., per significare che nessuno può impedire legittimamente a una persona di esprimere il proprio pensiero o di riunirsi con chi vuole, sempre nei limiti stabiliti dalle leggi. Non godono di questa libertà, per esempio, i carcerati e i prigionieri di guerra.

La libertà di scelta o libertà psicologica significa l’assenza di una necessità interna per scegliere una cosa o l’altra; non si riferisce alla possibilità di fare, ma a quella di decidere autonomamente, senza essere sottoposto a un determinismo interiore, vale a dire, senza che una forza interna differente dalla volontà faccia scegliere necessariamente una cosa impedendo di scegliere le altre possibili alternative. La libertà psicologica è capace di autodeterminazione. Certe malattie mentali acute, alcune droghe o uno stato di grande agitazione (nel caso di un incendio, per esempio) possono privare totalmente o parzialmente della libertà psicologica.

La libertà morale è la libertà di cui gode la persona nella misura in cui non è schiava delle cattive passioni, dei vizi o del peccato. Concepita in questo senso, la libertà non è tanto una proprietà naturale della persona quanto una conquista, frutto dell’educazione, delle virtù morali possedute e della grazia di Dio. La Sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa parlano spesso della libertà in questo senso, dicendo che Cristo ci rende liberi.


3. L’essenza della libertà umana

Nelle tre dimensioni che abbiamo appena spiegato la libertà umana appare come la negazione di qualcosa. La libertà nega l’esistenza di impedimenti esteriori ad operare, di condizionamenti interiori a scegliere e di ostacoli morali ad esercitarla rettamente. L’assenza di tali impedimenti, condizionamenti e ostacoli è un requisito perché l’uomo sia libero, ma non dimostra l’essenza positiva della libertà. Dio è libero, e la sua libertà non può essere la negazione di condizionamenti esteriori né interiori che non ha né può avere. La libertà deve consistere in qualcosa di diverso dalla semplice assenza di condizionamenti determinanti.

Infatti, l’essenza della libertà (quello che dev’esserci necessariamente perché vi sia libertà) e il suo atto proprio è l’autonoma adesione al bene, vale a dire, l’amore del bene, che è l’atto della libertà per eccellenza. Libertà e amore vanno uniti: non c’è amore autentico che non sia libero, né vera libertà che non si eserciti come amore verso qualcosa o verso qualcuno. La libertà di Dio, quella di Cristo e quella degli uomini si esprimono come riconoscimento e amore del bene in quanto tale, per il solo motivo che è una cosa buona.

L’autonoma adesione al bene esprime l’essenza della libertà molto più della possibilità di scegliere tra alternative diverse. Per una buona madre, non amare il figlio non è un’alternativa possibile, ma non per questo l’amore a suo figlio smette di essere una scelta libera. Nemmeno il sacrificio che questo amore può comportare riduce la libertà. San Josemaría si esprime in questi termini: «Ascoltate bene: una madre che si sacrifica per amore dei suoi figli, ha fatto una scelta; e la misura del suo amore esprimerà quella della sua libertà. Se l’amore è grande, la libertà sarà feconda, e il bene dei figli deriva da questa benedetta libertà, che comporta il dono di sé, e deriva da questo benedetto dono, che è appunto libertà»[5].

Il sacrificio e la donazione a ciò che si ama sono espressione della libertà, perché sono sacrificio e donazione che nascono dall’amore, e l’amore non può non essere libero. Nell’orazione dell’orto degli ulivi, a Cristo costò molto farsi carico dei peccati umani e affrontare la sua Passione redentrice, tuttavia Egli donò liberamente la sua vita: «Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso»[6]. Inoltre in noi l’inclinazione al male dovuta al peccato originale può rendere più costosa la libera adesione al bene. Come diceva san Josemaría, «la contrapposizione tra libertà e donazione è un segno inequivocabile che l’amore è vacillante, perché in ciò consiste la libertà»[7]. Se non ci fosse un’autonoma adesione al bene che richiede sacrificio, se non si amasse veramente il bene che comporta sacrificio, allora sì che ci sarebbe contrapposizione tra la libertà e il dono di sé che questo bene comporta. «Vorrei inciderlo a fuoco in tutti: la libertà e il dono di sé non sono contraddittori; si sostengono a vicenda. La libertà si può cedere soltanto per amore; non riesco a concepire altro genere di concessione. Non è un gioco di parole, più o meno felice. Nel dono di sé volontario, in ogni istante della dedicazione, la libertà rinnova l’amore, e rinnovarsi significa essere sempre giovane, generoso, capace di grandi ideali e di grandi sacrifici»[8].


4. La libertà umana dal punto di vista storico-salvifico

La Sacra Scrittura considera la libertà umana nella prospettiva della storia della salvezza. A causa della prima caduta, la libertà che l’uomo aveva ricevuto da Dio rimase sottoposta alla schiavitù del peccato, anche se la sua corruzione non fu completa[9]. San Paolo afferma chiaramente, soprattutto nella Lettera ai Romani, che il peccato che entrò nel mondo in conseguenza del peccato di Adamo è più forte dell’intelligenza e della volontà dell’uomo; afferma inoltre che la legge di Mosè pur insegnando quello che si deve fare, non dava la forza per riuscire sempre a compierlo. Ogni peccato umano è un atto libero, altrimenti non sarebbe peccato, ma, se si considerano le cose nel loro insieme, la forza del peccato si manifesta nel fatto che gli uomini, privi della grazia di Cristo, non potranno evitarlo sempre, dato che l’intelligenza può essere ottenebrata e la volontà indebolita. Con la sua Croce gloriosa, annunciata e preparata dall’economia dell’Antico Testamento, «Cristo ha ottenuto la salvezza di tutti gli uomini. Li ha riscattati dal peccato che li teneva in schiavitù»[10]. Con la grazia di Cristo gli uomini possono evitare il peccato, come si vede non solo nella vita dei santi canonizzati, ma in quella di tanti cristiani che vivono in grazia di Dio ed evitano i peccati gravi e anche quasi sempre quelli veniali deliberati. Collaborando con la grazia che Dio dà per mezzo di Cristo l’uomo può godere della piena libertà in senso morale: «Cristo ci ha liberati per la libertà!»[11].

L’uomo può peccare ma non per questo Dio ha rinunciato a crearlo libero. La necessità che ha l’uomo di essere libero per essere felice fa sì che Dio prenda sul serio la libertà umana e le conseguenze che i nostri atti liberi hanno nel tempo[12]. Il modo in cui si è compiuta la redenzione mediante il sangue di Cristo[13], conferma il valore e il rispetto che Dio dà alla libertà umana. La nostra libertà è libertà autentica, il suo esercizio ha un grande valore, positivo o negativo, e comporta una responsabilità.


5. La libertà umana e il bene morale

Come abbiamo detto, la libertà riguarda il bene morale e quindi il suo possesso rende l’uomo felice. Per aiutare a riconoscere questo bene e aderire ad esso, l’uomo ha a sua disposizione la legge morale, che è la capacità di distinguere il bene e il male della realtà sulla base dei progetti di Dio, che sono sempre buoni. Anche le altre leggi umane conducono al bene quando sono in armonia con la legge morale.

Di fatto, alcuni pensano che la legge limiti e coarti la loro libertà, come se la libertà cominciasse dove finisce la legge e viceversa.

In realtà, il comportamento libero regola ogni persona nella misura della conoscenza che essa ha del bene e del male: la persona realizza liberamente quello che conosce come buono e liberamente evita quello che considera cattivo. La legge morale è come una luce che facilita la scelta di ciò che è buono e fa evitare ciò che è cattivo.

Ecco perché ciò che si oppone alla legge morale è il peccato, non la libertà. Sicuramente la legge indica che è necessario correggere il desiderio di compiere le azioni peccaminose che una persona può avere: il desiderio di vendicarsi, di fare violenza, di rubare, ecc., ma questa indicazione morale non si oppone alla libertà, che mira sempre all’affermazione libera di ciò che è buono da parte del soggetto che agisce, e neppure presuppone una coercizione della libertà, in ogni caso sempre aperta alla triste possibilità di peccare. «Compiere il male non è liberazione, ma schiavitù [...]. Potrà dire di essersi comportato a suo gusto, ma non potrà far sentire la voce della vera libertà; perché si è reso schiavo di ciò che ha scelto, e ha scelto il peggio, l’assenza di Dio, e lì non vi e libertà»[14].

Cosa diversa invece è che le leggi e i regolamenti umani, a causa della generalità e della concisione dei termini con cui vengono formulate, possano non essere in qualche caso particolare un fedele indicatore di ciò che una determinata persona deve fare. Una persona ben formata sa che in questi casi concreti deve fare ciò che sa con certezza che è cosa buona[15]. Comunque, non esiste nessun caso nel quale sia bene compiere le azioni intrinsecamente cattive, vale a dire, le azioni proibite dai precetti negativi della legge morale naturale e dalla legge divino-positiva (adulterio, omicidio deliberato, ecc.)[16].

Come abbiamo detto, l’uomo può fare un cattivo uso della sua libertà, perché sia la sua conoscenza che la sua volontà sono fallibili. Certe volte la coscienza morale si sbaglia e considera buono ciò che in realtà è cattivo o come cattivo ciò che in realtà non lo è. Proprio per questo il retto uso della libertà e dell’agire secondo la propria coscienza non sempre coincidono a causa di un possibile errore della coscienza. Ecco, dunque, l’importanza di formare bene la propria coscienza, in modo che sia possibile evitare gli errori di giudizio in cui assai spesso incorrono le persone che hanno poca formazione o, ancor più, quelle che hanno convinzioni deformate dal vizio, dall’ignoranza o dalla superficialità.


6. Il rispetto della libertà umana

Da tutto ciò che abbiamo detto fin qui appare chiaro che la libertà è un gran dono di Dio, che comporta una straordinaria responsabilità personale, e che gli uomini - le autorità umane, civili ed ecclesiastiche - non debbono limitare oltre a ciò che è richiesto dalla giustizia e dalle chiare esigenze del bene comune della società civile e di quella ecclesiastica. A tale proposito san Josemaría scriveva: «Dobbiamo amare la libertà. Evitate di diventare complici del patente sopruso che attualmente sembra aver preso piede in tutti i Paesi del mondo: forzare la legittima indipendenza delle persone, per costringere tutti a condividere un pensiero unico; creare delle specie di dogmi dottrinali in àmbito temporale, e difendere questo errore con argomenti propagandistici, di per sé scandalosi, rivolti contro coloro che hanno l’onestà di non piegarsi [...]. Dobbiamo difendere la libertà. La libertà delle membra, che tuttavia costituiscono un unico corpo mistico con Cristo Capo e con il suo Vicario in terra»[17].

Anche i rapporti interpersonali devono essere governati dal rispetto della libertà e dalla condiscendenza di punti di vista differenti. L’apostolato cristiano deve avere questo medesimo stile: «In primo luogo, amiamo la libertà delle persone che cerchiamo di aiutare ad avvicinarsi al Signore, nell’apostolato di amicizia e di confidenza, che san Josemaría ci invita a svolgere con la testimonianza e la parola [...]. La vera amicizia comporta un sincero affetto mutuo, che è la vera protezione della libertà e dell’intimità reciproche»[18].

Rispettare la libertà altrui non significa pensare che è accettabile tutto ciò che altre persone fanno liberamente. Il retto esercizio della libertà presuppone la conoscenza di ciò che è bene per ognuno. Proporre o insegnare ad altri ciò che è veramente buono non è un attentato alla libertà altrui. È sempre una cosa buona che una persona libera proponga a un’altra persona ugualmente libera la verità, spiegando i motivi che la sostengono. Quello che non si deve fare è imporre la verità mediante la violenza fisica o psicologica. Soltanto l’autorità legittima può far uso della coercizione nei casi e con le modalità previste dalle leggi giuste.

Ángel Rodríguez Luño


Bibliografia di base

- Catechismo della Chiesa Cattolica, 1730-1748.

- San Josemaría, omelia La libertà, dono di Dio, in Amici di Dio, 23-38.


Letture raccomandate

- Fernando Ocáriz, Lettera pastorale, 9-I-2018.

- E. Colom, Á. Rodríguez Luño, Elegidos en Cristo para ser santos. Curso de teología moral fundamental, Palabra, Madrid 2000, pp. 269-289. Si può trovare una versione più recente di questo testo in https://www.eticaepolitica.net/corsodimorale/Fundamental04.pdf


[1] Sir 15, 14-17. Ved. anche Dt 30, 15-19.

[2] Gaudium et spes, n. 17; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1731.

[3] Gaudium et spes, n. 17.

[4] San Josemaría, Amici di Dio, n. 24.

[5] Ivi, n. 30.

[6] Gv 10, 17-18.

[7] San Josemaría, giugno 1972, citato da don Javier, Lettera 14-II-1997, n. 15.

[8] San Josemaría, Amici di Dio, n. 31.

[9] Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 1739-1740.

[10] Ivi, n. 1741.

[11] Gal 5, 1; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1742.

[12] Come abbiamo già detto, «davanti agli uomini stanno la vita e la morte: a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà» (Sir 15, 17).

[13] Cfr. Ef 1, 7-8.

[14] San Josemaría, Amici di Dio, n. 37.

[15] Cfr. San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I-II, q. 96, a. 6 e II-II, q. 120.

[16] Cfr. san Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, nn. 76, 80, 81 e 82.

[17] San Josemaría Escrivá, Lettere, vol. 1, a cura di Luis Cano, Lettera n. 3 (9 gennaio 1932), nn. 1-2, Ares, Milano 2021.

[18] Fernando Ocáriz, Lettera pastorale 9-I-2018, n. 14.