TEMA 39. L’orazione

L’orazione è necessaria per la vita spirituale: è il respiro che permette alla vita dello spirito di perfezionarsi e attualizzare la fede nella presenza di Dio e del suo amore.

1. Che cos'è l'orazione [1]

Per indicare la relazione cosciente e colloquiale dell'uomo con Dio si usano due vocaboli: preghiera e orazione . La parola “ preghiera " proviene dal verbo latino precor , che significa pregare, rivolgersi a qualcuno chiedendo un beneficio. Il termine “ orazione " proviene dal sostantivo latino oratio , che significa parlare, discorso, colloquio.

Le definizioni che di solito si danno dell'orazione rispecchiano il significato dei termini che abbiamo visto. San Giovanni Damasceno la considera come «l'elevazione dell'anima a Dio e la richiesta dei beni convenienti» [2] ; per San Giovanni Climaco, invece, si tratta piuttosto di una «conversazione familiare e di una unione dell'uomo con Dio» [3] .

L'orazione è assolutamente necessaria per la vita spirituale. È come il respiro che permette alla vita dello spirito di crescere. Nell'orazione si manifesta la fede in Dio e nel suo amore. Si stimola la speranza che porta a orientare la vita verso di Lui e a confidare nella sua provvidenza. Il cuore si dilata se rispondiamo col nostro amore all'Amore divino.

Nell'orazione l'anima, guidata dallo Spirito Santo dal più profondo di se stessa (cfr. Catechismo , 2562), si unisce a Cristo, maestro, modello e via di ogni orazione cristiana (cfr. Catechismo , 2599 ss.), e con Cristo, per Cristo e in Cristo si rivolge a Dio Padre, partecipando della ricchezza della vita trinitaria (cfr. Catechismo , 2559-2564). Da qui l'importanza che nella vita di orazione ha la Liturgia e, al centro di tutto, l'Eucaristia.

2. I contenuti dell'orazione

I contenuti dell'orazione, come quelli di ogni dialogo di amore, possono essere molteplici. Se ne possono mettere in evidenza alcuni particolarmente significativi.

Petizione

In tutta la Sacra Scrittura si trovano frequenti riferimenti all'orazione impetratoria; la troviamo anche sulle labbra di Gesù, che non solo ricorre ad essa, ma invita a chiedere dando grande valore alla preghiera semplice e fiduciosa. La tradizione cristiana ha ripetuto questo invito, mettendolo in pratica in molti modi: richiesta di perdono, richiesta della propria salvezza e della salvezza degli altri, richieste per la Chiesa e per l'apostolato, richieste per le necessità più diverse.

In realtà, l'orazione di petizione fa parte dell'esperienza religiosa universale. Il riconoscimento, talvolta vago dell'esistenza di Dio (o più genericamente di un essere superiore), porta a rivolgersi a Lui, sollecitandone protezione e aiuto. Certamente l'orazione non si limita alla preghiera, ma la petizione è la manifestazione decisiva dell'orazione in quanto riconoscimento ed espressione della condizione di creatura dell'uomo e della sua assoluta dipendenza da un Dio, del quale la fede ci fa conoscere pienamente l'amore (cfr. Catechismo , 2629 e 2635).

Rendimento di grazie

Il riconoscimento dei beni ricevuti e, attraverso di essi, della magnificenza e della misericordia di Dio, ci spinge a rivolgere il nostro spirito a Dio per proclamare i suoi benefici e per ringraziarlo. La disposizione al ringraziamento si trova in tutta la Sacra Scrittura e in tutta la storia della spiritualità. L'una e l'altra mettono in evidenza che, quando questa disposizione ha le sue radici nell'anima, porta a riconoscere come dono di Dio tutto ciò che accade, non solo ciò che è gratificante, ma anche quello che appare avverso o negativo.

Consapevole che ciò che accade fa parte del disegno amoroso di Dio, il credente sa che tutto concorre al bene di coloro che lo amano (cfr. Rm 8, 28). «Abituati a innalzare il cuore a Dio, in rendimento di grazie, molte volte al giorno. – Perché ti dà questo e quest'altro. – Perché ti hanno disprezzato. – Perché non hai ciò di cui hai bisogno o perché lo hai. Perché ha fatto così bella sua Madre, che è anche Madre tua. – Perché ha creato il sole e la luna e quell'animale e quella pianta. – Perché ha fatto eloquente quell'uomo, e te impacciato nel parlare… Ringrazialo di tutto, perché tutto è buono» [4] .

Adorazione e lode

Parte essenziale dell'orazione è riconoscere e proclamare la grandezza di Dio, la pienezza del suo essere, l'infinità della sua bontà e del suo amore. Alla lode si può arrivare partendo dalla considerazione della bellezza e della grandezza dell'universo, come troviamo in molti testi biblici (cfr., per esempio, Sal 19; Sir 42, 15-25; Dn 3, 32-90) e in numerose preghiere della tradizione cristiana [5] ; o partendo dalle grandi e meravigliose opere che Dio compie nella storia della salvezza, come troviamo nel Magnificat ( Lc 1, 46-55) o nei grandi inni paolini (ved., per esempio, Ef 1, 3-14); o ancora partendo da fatti piccoli e magari insignificanti nei quali si manifesta l'amore di Dio.

In tutti i casi, ciò che caratterizza la lode è che lo sguardo va direttamente a Dio stesso, così come Egli è in sé, nella sua perfezione illimitata e infinita. «La lode è la forma di preghiera che più immediatamente riconosce che Dio è Dio! Lo canta per se stesso, gli rende gloria perché egli è, a prescindere da ciò che fa» ( Catechismo , 2639). Perciò è intimamente unita all'adorazione, al riconoscimento, non solo intellettuale ma esistenziale, della piccolezza di tutto il creato a paragone con il Creatore e, di conseguenza, all'umiltà, all'accettazione della indegnità personale davanti a colui che ci trascende all'infinito; alla meraviglia che causa il fatto che questo Dio, al quale gli angeli e l'universo intero rendono omaggio, si sia degnato non solo di volgere il suo sguardo sull'uomo, ma di abitare nell'uomo, e, addirittura, di incarnarsi.

Adorazione, lode, petizione, ringraziamento riassumono le disposizioni di fondo che configurano tutto il dialogo tra l'uomo e Dio. Qualunque sia il contenuto dell'orazione, chi prega lo fa sempre, in un modo o nell'altro, esplicitamente o implicitamente, adorando, lodando, supplicando, implorando o ringraziando quel Dio che riverisce, che ama e nel quale confida. È importante, allo stesso tempo, ribadire che i contenuti concreti dell'orazione potranno essere molto diversi. Certe volte si ricorrerà all'orazione per considerare qualche passo della Scrittura, per approfondire una verità cristiana, per rivivere la vita di Cristo, per sentire la vicinanza di Santa Maria… Altre volte inizierà partendo dalla propria vita, per far partecipe Dio delle gioie e dei dolori, delle speranze e dei problemi che l'esistenza comporta; o per trovare sostegno e consolazione; o per esaminare davanti a Dio il proprio comportamento e concretare propositi e decisioni; o più semplicemente per commentare le vicende quotidiane con chi sappiamo che ci ama.

Essendo incontro con Dio, sul quale il credente si appoggia e dal quale sa di essere amato, l'orazione può vertere su tutte le vicende che costituiscono l'esistenza e su tutti i sentimenti che il cuore può provare. «Mi hai scritto: “Pregare è parlare con Dio. Ma di che cosa?". – Di che cosa? Di Lui, di te: gioie, tristezze, successi e insuccessi, nobili ambizioni, preoccupazioni quotidiane…, debolezze! E atti di ringraziamento e suppliche: e Amore e riparazione. In due parole: conoscerlo e conoscerti: “frequentarsi"!» [6] . Seguendo l'una o l'altra via, l'orazione sarà sempre un incontro intimo e filiale tra l'uomo e Dio, che ravviverà la consapevolezza della sua vicinanza e indurrà a vivere ogni giorno dell'esistenza alla sua presenza.

3. Modi o forme dell'orazione

Riguardo ai modi o forme in cui si esprime l'orazione gli autori fanno diverse distinzioni: orazione vocale e orazione mentale, orazione pubblica e orazione privata, orazione intellettuale o riflessiva e orazione affettiva, orazione regolata e orazione spontanea, ecc. Altre volte gli autori classificano i modi dell'orazione secondo la gradazione dell'intensità distinguendo fra orazione mentale, orazione affettiva, orazione di quiete, contemplazione, orazione unitiva…

Il Catechismo articola la sua esposizione distinguendo tra: preghiera vocale, meditazione e orazione di contemplazione. «Esse hanno in comune un tratto fondamentale: il raccoglimento del cuore. Tale vigilanza nel custodire la Parola e nel rimanere alla presenza di Dio fa di queste tre espressioni dei momenti forti della vita di preghiera» ( Catechismo , 2699). Dall'analisi del testo si può notare che il Catechismo , nell'impiegare questa terminologia, non fa riferimento a tre gradi della vita di preghiera, ma piuttosto a due vie, la preghiera vocale e la meditazione, presentandole entrambe come idonee a condurre alla vetta della vita di orazione che è la contemplazione. Nella nostra esposizione ci atterremo a questo schema.

La preghiera vocale

L'espressione “preghiera vocale" si riferisce a una preghiera che si esprime vocalmente, vale a dire, mediante parole pronunciate o pensate. Questa prima approssimazione, pur essendo esatta, non va al nocciolo della questione. Infatti mentre da una parte il dialogo interiore, anche quando può essere considerato come esclusivamente o prevalentemente mentale, fa riferimento al linguaggio che si articola a voce alta o nel silenzio, dall'altra, si deve dire che la preghiera vocale non riguarda solo le parole, ma coinvolge la mente e il cuore. Pertanto sarebbe più esatto sostenere che la preghiera vocale è quella che si fa utilizzando formule prestabilite sia lunghe che brevi (giaculatorie), prese dalla Sacra Scrittura (il Padre nostro , l' Ave Maria …) o ricevute dalla tradizione spirituale (la preghiera al SS. Sacramento Signore mio Gesù Cristo , il Veni Sancte Spiritus , la Salve , il Memorare …).

Tutto ciò, naturalmente, a condizione che le espressioni o le formule recitate vocalmente siano vera preghiera, ossia, che adempiano il requisito che chi le recita lo faccia non solo con la bocca ma con la mente e con il cuore. Se venisse meno questa condizione, se non si avesse coscienza di chi è Colui al quale la preghiera è diretta, di che cosa si dice nella preghiera e di chi la dice, allora, come afferma Santa Teresa di Gesù in maniera espressiva, non si può parlare propriamente di preghiera «benché si muovano molto le labbra» [7] .

L'orazione vocale gioca un ruolo decisivo nella pedagogia della preghiera, soprattutto all'inizio della relazione con Dio. In realtà, già dall'apprendimento del segno della Croce e delle prime preghiere vocali, il bambino, e spesso anche l'adulto, s'introduce nell'esperienza concreta della fede e, dunque, della vita di orazione. La preghiera vocale ha importanza e svolge un ruolo non soltanto agli inizi del dialogo con Dio, ma è chiamata ad accompagnare la vita spirituale durante tutto il suo percorso.

La meditazione

Meditare significa applicare il pensiero alla considerazione di una realtà o di una idea con il desiderio di conoscerla e comprenderla con maggiore profondità e perfezione. Per un cristiano la meditazione – detta anche orazione mentale – richiede che la mente sia orientata a Dio come è stato nel corso della storia di Israele e in modo pieno e definitivo in Cristo, e che, dalla prospettiva di Dio volga lo sguardo alla propria esistenza per valutarla e adeguarla al mistero di vita, comunione e amore che Dio ha fatto conoscere.

La meditazione si può svolgere in modo spontanea, nei momenti di silenzio che accompagnano e seguono le celebrazioni liturgiche o a seguito della lettura di un testo biblico o di un passo di un autore spirituale, oppure si può dedicare ad essa un tempo specifico. In ogni caso, è ovvio che – specialmente da principio, ma non solo allora – richieda uno sforzo, un desiderio di approfondire la conoscenza di Dio e della sua volontà, e l'impegno personale effettivo di migliorare la propria vita cristiana. In questo senso, si può affermare che «la meditazione è soprattutto una ricerca» (Catechismo, 2705); comunque è bene precisare che non si tratta della ricerca di qualcosa , ma di Qualcuno . La meditazione cristiana non tende solo, né prima di tutto, a capire qualcosa (in ultima analisi, a capire il modo di procedere e di manifestarsi di Dio), ma a incontrarsi con Lui e, avendolo incontrato, a identificarsi con la sua volontà e unirsi a Lui.

L'orazione di contemplazione

Il perfezionamento dell'esperienza cristiana e, in essa e con essa, quella dell'orazione, portano a una comunicazione fra il credente e Dio sempre più continua, più personale e più intima. Su questo piano si colloca l'orazione che il Catechismo definisce contemplativa, che è frutto di una crescita nell'esperienza teologale dalla quale fluisce un vivo senso della vicinanza amorosa di Dio; di conseguenza, la relazione con Lui diventa sempre più diretta, familiare e fiduciosa e, al di là delle parole e del pensiero riflesso, si arriva a vivere anche di fatto in intima comunione con Lui.

«Che cos'è la preghiera?», s'interroga il Catechismo all'inizio del capitolo dedicato alla preghiera contemplativa, e risponde immediatamente affermando, con parole prese da Santa Teresa di Gesù, che non è altro «che un intimo rapporto di amicizia, un frequente trattenimento da solo a solo con Colui da cui sappiamo d'essere amati» [8] . L'espressione preghiera contemplativa, così come la impiegano il Catechismo e molti altri scritti precedenti e successivi, rimanda dunque a ciò che si può definire come la vetta della contemplazione; vale a dire, il momento nel quale, per azione della grazia, lo spirito è condotto fino alla soglia del divino, trascendendo ogni altra realtà. Però anche, e più ampiamente, a una crescita viva e sentita della presenza di Dio e del desiderio di una profonda comunione con Lui. Questo sia nel tempo che dedichiamo particolarmente all'orazione, sia durante il resto dell'esistenza. L'orazione, insomma, è chiamata a coinvolgere l'intera persona umana – intelletto, volontà e sentimenti -, arrivando al centro del cuore per cambiarne le disposizioni, plasmando tutta la vita del cristiano, facendone un altro Cristo (cfr. Gal 2, 20).

4. Condizioni e caratteristiche dell'orazione

L'orazione, come ogni atto pienamente personale, richiede attenzione e intenzione, coscienza della presenza di Dio e dialogo effettivo e sincero con Lui. Condizione perché tutto questo sia possibile è il raccoglimento . Per accoglimento si intende l'azione con la quale la volontà, in virtù della capacità di dominare l'insieme delle forze che compongono la natura umana, cerca di moderare la dispersione, ottenendo così calma e serenità interiore. Questa disposizione è essenziale nei momenti dedicati specificatamente all'orazione, perché elimina ogni altra attività e cerca di evitare le distrazioni. Il raccoglimento non si deve limitare a questi periodi di tempo: deve invece arrivare ad essere abituale, facilitando una vita di fede e di amore che, riempiendo il cuore portino, espressamente o implicitamente, a vivere ogni azione con un riferimento a Dio.

Un'altra condizione dell'orazione è la fiducia . Senza la piena fiducia in Dio e nel suo amore, non ci può essere orazione, almeno un'orazione sincera e capace di superare le prove e le difficoltà. Non si tratta solo della fiducia che una determinata richiesta sia accolta, ma della sicurezza che si ha in Colui che sappiamo ci ama e ci comprende, e davanti al quale possiamo aprire senza riserve il nostro cuore (cfr. Catechismo , 2734-2741).

Talvolta l'orazione è un dialogo che sgorga con facilità dalle profondità dell'anima ; accompagnato da piacere e consolazione, in altri momenti, invece – forse più frequenti -, può richiedere impegno e determinazione. In questi casi può nascere lo scoraggiamento che porta a pensare che il tempo dedicato alla relazione con Dio non abbia senso (cfr. Catechismo , 2728). In questi momenti si mette in evidenza l'importanza di un'altra qualità che deve avere l'orazione: la perseveranza . La ragion d'essere dell'orazione non è quello di ottenere benefici o di ricevere particolari soddisfazioni, piaceri o consolazioni, ma di stare in comunione con Dio; da qui la necessità e l'importanza della perseveranza nell'orazione, che è sempre - con o senza desiderio e con gioia, un incontro vivo con Dio (cfr. Catechismo, 2742-2745, 2746-2751).

Caratteristica specifica e fondamentale dell'orazione cristiana è il suo carattere trinitario . È frutto dell'azione dello Spirito Santo presente mediante la grazia nel cuore di ciascuno [9] che, infondendo e stimolando la fede, la speranza e l'amore, ci fa crescere nella presenza di Dio, fino a saperci allo stesso tempo sulla terra, in cui viviamo e lavoriamo, e nel cielo. Il cristiano che vive di fede sa di poter frequentare gli angeli, i santi, Santa Maria e, in modo speciale, Cristo, Figlio di Dio incarnato, nella cui umanità percepisce la divinità. E, seguendo questo cammino, a riconoscere Dio Padre e il suo infinito amore, e a entrare con una profondità sempre maggiore in una rapporto confidenziale con Lui.

L'orazione cristiana è perciò, e in modo eminente, un'orazione filiale . L'orazione di un figlio che, in ogni momento – nella gioia e nel dolore, nella fatica e nel riposo – si rivolge con semplicità e sincerità a suo Padre per mettere nelle sue mani i desideri e i sentimenti del proprio cuore, con la sicurezza di trovare in Lui comprensione e buona accoglienza. E ancor più, un amore nel quale ogni cosa trova senso.

José Luis Illanes

Bibliografia di base Catechismo della Chiesa Cattolica , 2558-2758.

Letture raccomandate

San Josemaría, Omelie Il trionfo di Cristo nell'umiltà ; L'eucaristia, mistero di fede e d'amore ; L'Ascensione del Signore in cielo ; Lo Spirito Santo, il grande sconosciuto ; A Gesù per Maria , in È Gesù che passa , 12-21, 83-94, 117-126, 127-138 e 139-149; Omelie Il rapporto con Dio ; Vita d'orazione ; Verso la santità in Amici di Dio , 142-153, 238-257, 294-316.

J. Echevarría, Itinerari di vita cristiana , Ares, Milano 2001, pp. 77-88.

J. L. Illanes, Tratado de teología espiritual , Eunsa, Pamplona 2007, pp. 427-483.

M. Belda, Guidati dallo Spirito di Dio. Corso di teologia spirituale , Edusc, 2009.

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[1] La Chiesa professa la sua Fede nel Simbolo degli Apostoli ( Prima parte di queste guide ). Celebra il Mistero, vale a dire, la realtà di Dio e del suo amore al quale ci introduce la fede, nella Liturgia sacramentale ( Seconda parte ). Come frutto di questa celebrazione del Mistero, i fedeli ricevono una vita nuova che li porta a vivere in accordo con la condizione di figli di Dio ( Terza parte ). La comunicazione all'uomo della vita divina richiede che sia ricevuta e vissuta in una disposizione di relazione personale con Dio: una relazione che si esprime, si sviluppa e si potenzia nell'orazione ( Quarta parte ).

[2] San Giovanni Damasceno, De fide orthodoxa , III, 24; PG 94, 1090.

[3] San Giovanni Climaco, Scala paradisi , grado 28; PG 88, 1129.

[4] San Josemaría, Cammino , 268.

[5] Rimandiamo a due fra le più belle e più note: il “Cantico delle creature" e le “Lodi al Dio Altissimo" e di San Francesco d'Assisi.

[6] San Josemaría, Cammino , 91.

[7] Santa Teresa di Gesù, Prime mansioni , c. 1, 7, in Opere , ed. Postulazione generale o.c.d., Roma 1981, p. 765.

[8] Santa Teresa di Gesù, Libro della vita , c. 8, n. 5, in Opere , p. 95; cfr. Catechismo , 2709.

[9] Cfr. San Josemaría, Colloqui , 116.