42. Chi sono gli gnostici?

Quasi in ogni pagina del Vangelo ci imbattiamo in personaggi che si chiedono qualcosa su Gesù: da dove viene, come mai insegna con tanta autorità, da dove deriva il suo potere, perché fa miracoli, perché sembra opporsi alle tradizioni, perché le autorità lo respingono. Sono domande che si fecero allora e si sono continuate a fare lungo i secoli. A queste domande se ne sono aggiunte altre sul Gesù storico: che lingua parlava, che rapporto aveva con Qumran, è esistito davvero Ponzio Pilato?

Il nome di “gnostico” viene dalla parola greca “gnosis” che significa conoscenza; gnostico è pertanto colui che acquista una conoscenza speciale e vive secondo questa. Il termine “gnosis” non ha pertanto di per sé senso negativo. Alcuni Santi Padri come Clemente di Alessandria e Sant’Ireneo parlano della gnosi nel senso della conoscenza di Gesù Cristo ottenuta dalla fede : “la vera gnosi - scrive Sant’Ireneo - è la dottrina degli Apostoli”(AdvHaer IV 33).

Il termine “gnostico” acquistò senso negativo quando fu applicato dagli stessi Padri a alcuni eretici che ebbero notevole rilievo fra il II e IV secolo. Il primo a designarli così fu Sant’Ireneo che vede la loro origine nella eresia di Simone il samaritano (Atti 8,9-24), e dice che i suoi seguaci si propagarono ad Alessandria, Asia Minore e Roma dando luogo a “una moltitudine di gnostici che emergono dal suolo come se si trattasse di funghi” (AdvHaer, I.29.1). Da loro, continua dicendo Sant’Ireneo, derivano i valentiniani che sono quelli che lui combatte direttamente. Spiega tale abbondanza e diversità di sette dicendo che “la maggioranza dei loro fautori - in realtà, vogliono essere maestri; se ne vanno dalla setta che abbracciarono e tramano un insegnamento a partire da un’altra dottrina, e poi a partire da questa ne sorge un’altra, poi tutti insistono nell’essere originali e nell’aver trovato da se stessi le dottrine che di fatto si limitarono a mettere insieme” (AdvHaer. I.28.1).

Da queste informazioni di Ireneo e di altri Padri che dovettero confrontarsi quelle eresie (specialmente Sant’Ippolito di Roma e Sant’Epifanio di Salamina), si deduce che fu tale la quantità di gruppuscoli (simoniani, nicolaiti, ofiti, naasseni, seziani, perati, basilidiani, carpocraziani, valentiniani, marcosiani) e di maestri (Simone, Cerinto, Basilide, Carpocrate, Cerdone, Valentino, Tolomeo, Teodoto, Heracleo, Bardesano...), che caddero sotto la designazione di “gnostici”, che solo in maniera molto generica li si possono raggruppare sotto un'unica denominazione. Dalle opere scoperte nei papiri ritrovati nel 1945 a Nag Hammadi (alto Egitto), circa una quarantina, si ricava la stessa impressione: ogni opera contiene il proprio orientamento dottrinale senza avere nulla in comune con le altre.

Tra tutti questi autori e scritti, quelli conosciuti meglio sono gli gnostici valentiniani, che furono quelli che esercitarono la maggiore influenza. Agivano all’interno della Chiesa “come una belva rannicchiata”, dice Sant’Ireneo. Utilizzavano le stesse Sacre Scritture, però le interpretavano in senso contrario. Il Dio vero, secondo loro, non era il Creatore del Mondo, ma era l’Inconoscibile o l’Abisso; fra gli esseri del mondo celeste (eoni) distinguevano diversi Cristi; insegnavano che la salvezza si ottiene per la comprensione di se stessi come scintilla divina racchiusa nella materia; che la redenzione di Cristo consiste nell’aprirci gli occhi a questa conoscenza e che solo gli uomini spirituali (pneumatikoi) sono destinati alla salvezza. Il carattere elitario della setta e il disprezzo del mondo creato erano gli elementi principali della mentalità di quegli eretici, i più significativi rappresentati degli “gnostici”.