31. Chi fu Caifa?

Quasi in ogni pagina del Vangelo ci imbattiamo in personaggi che si chiedono qualcosa su Gesù: da dove viene, come mai insegna con tanta autorità, da dove deriva il suo potere, perché fa miracoli, perché sembra opporsi alle tradizioni, perché le autorità lo respingono. Sono domande che si fecero allora e si sono continuate a fare lungo i secoli. A queste domande se ne sono aggiunte altre sul Gesù storico: che lingua parlava, che rapporto aveva con Qumran, è esistito davvero Ponzio Pilato?

Caifa (Joseph Caiaphas) fu un sommo sacerdote contemporaneo di Gesù. È citato varie volte nel Nuovo Testamento (Mt 26,3; 26,57; Lc 3,2; 11,49; 18,13-14; Gv 18,24-28; At 4,6). Lo storico giudeo Flavio Giuseppe dice che Caifa ascese al sommo sacerdozio attorno all’anno 18, nominato da Valerio Grato, e che fu deposto da Vitellio attorno all’anno 36 (Antiquitates iudaicae, 18.2.2 e 18.4.3). Era sposato con una figlia di Anna. Anche secondo Flavio Giuseppe, Anna era stato il sommo sacerdote fra gli anni 6 e 15 (Antiquitaes iudaicae, 18.2.1 e 18.2.2). D’accordo con questa datazione, e in conformità con quanto raccontato dai vangeli, Caifa era il sommo sacerdote quando Gesù fu condannato a morte in croce.

La sua lunga permanenza nel ruolo di sommo sacerdote è un indizio più che significativo del fatto che manteneva relazioni molto cordiali con l’amministrazione romana, anche durante l'amministrazione di Pilato. Negli scritti di Flavio Giuseppe sono menzionati in varie occasioni gli insulti di Pilato alla identità religiosa e nazionale dei giudei, e le voci di personaggi che si sollevano protestando contro di lui. L'assenza del nome di Caifa - che era il sommo sacerdote proprio in quel momento - fra coloro che si lamentavano degli abusi di Pilato, fa pensare che tra i due i rapporti erano buoni. Questo stesso atteggiamento di vicinanza e collaborazione con l'autorità romana si riflette anche nei racconti evangelici in riferimento al processo a Gesù, alla sua condanna a morte sulla croce. Tutti i racconti evangelici concordano nel fatto che, dopo l’interrogatorio di Gesù, i príncipi del sacerdoti si accordarono di consegnarlo a Pilato (Mt 27,1-2; Mc 15,1; Lc 23,1 e Gv 18,28).

Per conoscere come i primi cristiani si spiegassero la morte di Gesù, è significativo quello che racconta San Giovanni nel suo vangelo circa le decisioni precedenti alla sua condanna: “Uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote in quell'anno, disse loro: «Voi non capite nulla;
e non considerate che conviene per noi che un sol uomo muoia per il popolo e non perisca tutta la nazione». Or egli non disse questo da se stesso; ma, essendo sommo sacerdote in quell'anno, profetizzò che Gesú doveva morire per la nazione, e non solo per la nazione, ma anche per raccogliere in uno i figli di Dio dispersi” (Gv 11,49-52).

Nel 1990 apparirono nella necropoli di Talpiot in Gerusalemme dodici ossari, uno dei quali porta la iscrizione “Joseph bar Kaiapha”, con lo stesso nome che Flavio Giuseppe attribuisce a Caifa. Si tratta di alcuni ossari del secolo I, e i resti contenuti in questo recipiente potrebbero essere dello stesso personaggio menzionato nei vangeli.