Come in un film | La nuova forza di Pietro

Dopo la risurrezione, Pietro si rese conto di quale fosse la chiave della sua grandezza. In questo primo testo della serie “Come in un film” ci intromettiamo nel suo colloquio con il Signore che gli ha fatto scoprire questa realtà.

È probabile che ognuno di noi abbia un elenco dei film preferiti, quelli che nel corso della vita ci hanno impressionato in modo particolare. I motivi possono essere molto diversi: un intreccio accattivante, le emozioni che ci hanno provocato, un personaggio con il quale ci sentiamo identificati... Altre volte il motivo principale sarà che lo associamo a un determinato momento. Chi non conserva un grande ricordo di un film visto in una occasione speciale?

Lo stesso potrebbe dirsi del Vangelo. Abbiamo alcuni brani che ci hanno aiutato in certi momenti o con i quali ci è più facile pregare. Qualcosa di simile sarà successo agli apostoli: ognuno di loro avrà conservato qualche ricordo del suo rapporto con Gesù e lo avrà meditato spesso. «Farà bene a tutti noi chiedere la grazia di custodire la memoria di tutto quello che il Signore ha fatto nella mia vita»[1]. Se ci mettessimo nei panni di san Pietro, è facile immaginare che gli piacerebbe ritornare spesso all’episodio del suo colloquio con il Signore dopo la risurrezione (cfr. Gv 21).

Una passeggiata sulla riva del lago

Gli apostoli avevano trascorso tutta la notte a lavorare e non avevano pescato nulla. Non era la prima volta che accadeva. Qualche anno prima, quando Gesù li aveva chiamati, era accaduto esattamente la stessa cosa. E ora stavano per avere un’esperienza simile.

Stavano ormai ritornando a riva, quando improvvisamente vedono una figura sulla riva del lago. Non riescono a distinguerlo chiaramente. Quel misterioso personaggio dà loro una indicazione: «Gettate la rete dalla parte destra della barca». È lo stesso consiglio che Gesù aveva dato loro all’inizio della sua vita pubblica. Alla loro memoria riappaiono alcuni sprazzi di quei momenti. Così come allora questo aveva fatto capire loro di avere accanto il Messia, ora si rendono conto che quella persona che non riuscivano a distinguere era il Signore stesso. Il più giovane è il primo ad accorgersene.

Pietro si getta immediatamente in acqua. Non può aspettare: vuole raggiungere al più presto il Maestro. Gli altri apostoli cercano di raggiungere la riva con la barca. Quando arrivano sulla terraferma «videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane». Gesù dice loro di portare un po’ del pesce appena pescato e li invita a sedersi con lui. Quando ebbero mangiato, possiamo immaginare che Gesù chieda a Pietro di accompagnarlo in una passeggiata in riva al lago. Loro due soli. Un momento di intimità con il Signore, che Pietro non dimenticherà mai più.

È probabile che in un primo momento Gesù osservi un po’ di silenzio. Avranno camminato adagio. Pietro sa che sta accanto a Gesù; ma che cosa può dirgli? Conserva ancora il ricordo recente delle tre negazioni: «Non conosco quest’uomo, non so di che cosa parlate...». È il Signore che prende l’iniziativa e gli domanda: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Pietro ricorda allora l’esperienza del suo peccato, del suo abbandono. È un’esperienza che tutti noi abbiamo, e dunque ci è facile metterci in questa prospettiva: sentire che il Maestro ci rivolge questa domanda con il nostro nome. Pietro, armatosi di coraggio, risponde in modo diverso a come aveva fatto prima della Passione: «Certo, tu sai che ti voglio bene». E allora può ascoltare questa inattesa dimostrazione di fiducia da parte del Signore: «Pasci i miei agnelli».

Il cambiamento in Pietro

Continuano la passeggiata. L’unica cosa che rompe il silenzio è il rumore dei loro passi e la risacca del mare. Poco dopo Gesù prende ancora una volta la parola: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». È la seconda volta che gli rivolge la stessa domanda in pochi minuti. Pietro avrà pensato che prima, con la sua prima risposta, non sarà stato molto convincente o che ora dovrà confermare tutto con più forza. Avrebbe potuto dispiacersi e riempirsi di dubbi, ma si arma nuovamente di coraggio: «Certo, Signore, tu sai che ti voglio bene». Gesù risponde nello stesso modo, facendogli capire nuovamente che si fida di lui: «Pascola le mie pecore».

Continuano a camminare costeggiando il lago nello stesso silenzio di prima. Quando Gesù gli fa per la terza volta la stessa domanda, Pietro rimane perplesso. Probabilmente ricorda il momento di un’altra conversazione avuta con il Maestro poco prima della Passione. Il vangelo di san Marco ci racconta che quando erano diretti all’orto degli ulivi, Gesù aveva predetto l’abbandono dei suoi discepoli: «Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto: Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse». Era stato Pietro a reagire più rapidamente degli altri: «Anche se tutti si scandalizzassero, io no!». Ma il Signore gli aveva fatto capire che lo diceva anche per lui: «In verità io ti dico: proprio tu, oggi, questa notte, prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». E Pietro, ostinato, aveva insistito: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Sicuramente lo avrà detto pienamente convinto: non era una dichiarazione ingenua o una simulazione. Infatti pochi minuti dopo sguainerà la spada e tenterà di difendere il Signore da tutta quella folla che era venuta a prenderlo.

Eppure, malgrado quell’impeto, sappiamo come andò a finire. Quando disse «io non ti rinnegherò», Pietro si era fidato più della propria parola che di quella del Signore. Credeva che per essere fedele sarebbero bastate le proprie forze e le proprie convinzioni. Per questo ora, quando il Maestro gli domanda per la terza volta se lo ama, risponde fidandosi unicamente di Gesù: «Tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». In qualche modo, è come se dicesse: «Se io ora sono sicuro che ti amo, non è perché ho una enorme fiducia nelle mie possibilità, ma semplicemente perché ho imparato che tu sei il sostegno del mio amore, di ciò che di buono possiedo. Ho scoperto che mi debbo fidare di te».

La risposta del Signore alle parole di Pietro lo avrà riempito di gioia, perché ha la prova che Gesù non ha perduto la fiducia in colui che sarà la roccia della Chiesa: «Pasci le mie pecore». I buoni propositi di Pietro non si reggono sulle sue qualità o sulle sue capacità, ma sulla sua contrizione. Ora Pietro è molto più forte, perché è molto più consapevole della sua debolezza: sa con maggiore realismo chi è lui e chi è il Signore.

Così Pietro ci dà una lezione. Infatti a volte, quando le cose vanno bene, possiamo pensare di essere brillanti; ma poi quando cominciano a distorcersi, quando sbagliamo, forse ci sembra di essere buoni a nulla e ci lasciamo invadere da una sensazione di tristezza. Proprio Pietro ci insegna a trovare nel Signore la nostra stabilità, a lasciarci amare, a non fidarci di noi stessi ma di Gesù. E perciò potremo affermare che lo amiamo: perché egli lo sa.

Un amore perché sì

Il fondatore dell’Opus Dei definiva così l’umiltà: «la virtù che ci aiuta a comprendere, a un tempo, la nostra miseria e la nostra grandezza»[2]. Può apparire paradossale, perché a volte pensiamo che l’umiltà ci induca a scoprire le cose che facciamo male e a non dare importanza alle nostre qualità. Invece san Josemaría è del parere che la conoscenza dei nostri difetti e dei nostri punti di forza deve andare di pari passo: Dio ci ama sempre.

«Non spaventarti, non scoraggiarti, nello scoprire che hai degli errori... e che errori! Lotta per strapparli. E, finché lotti, convinciti che è bene sperimentare tutte queste debolezze, perché, altrimenti, saresti un superbo: e la superbia allontana da Dio»[3].

L’umiltà non consiste nel fare affermazioni ingenue su noi stessi, ma nel conoscere e accettare la verità su noi stessi alla luce dell’amore di Dio. Egli non ci ama per le cose buone che possiamo fare, ma semplicemente perché siamo noi: ci ama perché sì.

Da quella conversazione in riva al lago Pietro impara ad accettare l’amore che Gesù gratuitamente gli offre. Non deve fare grandi cose per conquistarlo o per meritarlo: basta che si lasci amare così come è. A partire da quel momento la sua vita sarà diversa, comincerà a vedere i successi e gli insuccessi sempre attraverso l’ottica dell’amore di Dio. Sarà veramente la pietra sulla quale si fonda la Chiesa. E, come in un buon film, non si stancherà di ricordare continuamente quella scena nella quale scoprì la chiave della propria grandezza: che Dio lo ama perché sì.

Julio Diéguez


[1] Papa Francesco, Omelia, 7-III-2019.

[2] San Josemaría, Amici di Dio, n. 94.

[3] San Josemaría, Forgia, n. 181.