Quel sorriso che ripaga la fatica

Vi raccontiamo la storia di un gruppo di ragazzi provenienti da diverse città italiane che sono andati in Romania per un campo di lavoro.

“Per servire, servire” (È Gesù che passa, n. 51) è il motto che un gruppo di liceali italiani ha cercato di vivere durante il campo di lavoro in Romania. Nella seconda metà di luglio, un gruppo di circa venti ragazzi di età compresa tra i 14 e i 19 anni si è recato a Butea, un paese nella regione nord-orientale dello stato. Qui i ragazzi hanno avuto l’opportunità di vivere situazioni uniche per comprendere in pratica alcuni valori come lo spirito di servizio, il lavoro, l’amicizia e l’amore per il prossimo. Le mansioni svolte sono state diverse: dall’aiuto nei campi alla muratura. Questi “giovani lavoratori” sono stati ospitati dalle Suore Missionarie della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, una congregazione nata a Mondovì (Piemonte) che gestisce vari orfanotrofi e case di riposo nel mondo.

Le mansioni svolte sono state diverse: dall’aiuto nei campi alla muratura.

“Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8) è stato il messaggio che, attraverso la fatica, la gioia e il lavoro, questa manciata di liceali si è impegnata a vivere e assimilare, con il proposito di viverlo nella routine quotidiana, una volta tornati a casa.

Ecco la testimonianza di Giacomo, uno dei ragazzi che hanno partecipato a questa iniziativa nell’estate 2017:

“Siamo partiti impazienti di cominciare quella nuova esperienza. La nostra meta era il convento delle Suore Missionarie. La struttura è divisa in due parti: la prima si occupa della coltura dei campi (a Scheia, dove dormivamo), mentre la seconda accoglie l’orfanotrofio e l’ospizio (a Butea, dove mangiavamo). Il viaggio è durato tre giorni. La sera dell’arrivo tutti eravamo desiderosi di metterci all’opera.

Dopo cena eravamo stanchi ma sempre felici del bene che avevamo fatto.

Durante le due settimane abbiamo svolto compiti di vario genere: verniciare parte dell’ospizio, iniziare la costruzione di un parco giochi per i bambini dell’orfanotrofio, costruire una rete che separasse il parco giochi dal cantiere di un ospedale (la cui costruzione era stata interrotta per mancanza di fondi) e lavorare nei campi che servivano a mantenere il convento. Il lavoro iniziava alle nove di mattina, si fermava per la pausa pranzo e riprendeva poi fino alle sei di sera. Dopo cena eravamo stanchi ma sempre felici del bene che avevamo fatto. Spesso ci capitava anche di stare insieme ai bambini dell’orfanotrofio, e abbiamo saputo che molti di loro avevano vissuto episodi che ci hanno lasciati a bocca aperta: sembrava impossibile pensare al dolore che quei ragazzi così giovani avevano già dovuto affrontare.

Una notte ci siamo alternati a coppie in una veglia al Santissimo Sacramento, fino al mattino: questa esperienza, insieme alle due domeniche di riposo, ci ha aiutato a essere più uniti. Una grigliata con serata di canti a seguire ci ha fatto diventare più amici dei ragazzi dell’orfanotrofio.

sembrava impossibile pensare al dolore che quei ragazzi così giovani avevano già dovuto affrontare

Al momento della partenza, la Madre Superiora ci ha ringraziati uno a uno, e il suo sguardo traboccante di gratitudine è stato uno dei più bei regali. Spesso avevo sentito dire che il sorriso delle persone per le quali si è fatto volontariato ripaga appieno le fatiche compiute. Ora che l’ho visto personalmente, posso affermarlo anch’io. Il campo di lavoro in Romania è stato un’esperienza molto forte che ha lasciato veramente tanto in ognuno di noi.”

il sorriso delle persone per le quali si è fatto volontariato ripaga appieno le fatiche compiute

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Il gruppo era formato da ragazzi provenienti da centri culturali per liceali di diverse città tra cui Milano (Centro Delta), Torino (Centro Culturale Valmiana), Bologna e Bari.