L’importanza di un’aureola sulla testa

Quest'anno ricorre il novantesimo anniversario del giorno in cui san Josemaría vide l'Opus Dei. In questo articolo, viene approfondito il senso di questa "piccola famigliola dentro la grande famiglia della Chiesa".

Tempo fa stavo attraversando a piedi Piazza Navona insieme a un amico sacerdote. Tra i vari artisti di strada che suonavano, dipingevano e facevano i mimi, c’era anche un pagliaccio che si guadagnava la vita facendo divertire i passanti. Aveva in mano quei palloncini di forma allungata che si possono piegare e annodare creando diverse figure. Quando vede due sacerdoti che passano, la sua faccia si illumina con la classica espressione stupita dei pagliacci.

Quel pagliaccio aveva capito un’idea essenziale: che un prete è chiamato a essere santo

Grattandosi la testa si chiede cosa può fare, poi prende un palloncino giallo, lo chiude formando un cerchio e inizia a correre verso di noi. Si mette accanto a me e comincia ad accompagnarmi con aria raccolta, tenendomi sulla testa quella specie di aureola. Tutti intorno ridono, io sono piuttosto in imbarazzo, ma non so che fare. Vorrei dirgli: «No, grazie, magari un’altra volta», ma sento che non posso contraddire la verità vocazionale di quel gesto. Quel pagliaccio aveva capito un’idea essenziale: che un prete è chiamato a essere santo.

Se ascoltiamo le parole di Gesù e l’insegnamento della Chiesa[1], ci rendiamo però conto che questa chiamata non è rivolta solo ai preti, ai religiosi e a poche anime scelte. L’avevano compreso anche i primi nostri fratelli nella fede, che si chiamavano tra loro “santi” per il solo fatto di essere cristiani[2], anche se ancora camminavano nella polvere di questo mondo.

i primi cristiani si chiamavano tra loro “santi” per il solo fatto di essere cristiani

Forse è un po’ questo quello che cerca di fare – ormai da novant’anni – l’Opus Dei: piazzare aureole sulla testa di impiegati e casalinghe, operai e insegnanti, imprenditori, studenti e artisti. Dire a ognuna e a ognuno, qualunque sia la sua condizione e la sua professione: Dio ti vuole santo e puoi diventarlo nella tua vita quotidiana. Nella baraonda della tua vita ordinaria puoi fare quell’incontro folgorante e intimo con Dio stesso, che riempie di luce ogni aspetto della tua esistenza e permette poi di illuminare tutti i cammini della terra con la fiamma della fede e dell’amore[3] ed essere un seminatore di pace e di gioia ovunque ti trovi. Questo è il messaggio che San Josemaría ha fatto risuonare nel cuore di innumerevoli persone in questi novant’anni.

È un messaggio che non invecchia, perché è sempre nuovo come il Vangelo. Anche oggi chi vive il cammino dell’Opus Dei deve saperlo proclamare nella società in cui siamo, con i suoi ritmi, le sue domande, i suoi problemi e le sue aspirazioni, perché il mondo in ogni epoca ha sempre bisogno di santi: santi veri, santi normali o – come dice Papa Francesco – “santi della porta accanto”[4].

il mondo in ogni epoca ha sempre bisogno di santi: santi veri, santi normali

Ma cos’è la santità? Da dove si comincia? Cosa si deve fare? Il cammino della santità porta sempre il nome di Gesù Cristo e il manuale per percorrerlo sono le pagine del Vangelo. Siamo tutti chiamati a mettere e rimettere continuamente Gesù al centro della nostra vita e della vita della Chiesa, in una società che vorrebbe escluderlo o semplicemente spingerlo verso i margini, riducendolo a una specie di soprammobile culturale dell’esistenza. Gesù nel pane eucaristico, Gesù nella parola, Gesù nei fratelli. Questa tensione per amare Cristo e vivere la sua vita non è un nostro nobile slancio, un pio desiderio. È un’iniziativa divina, che ci coinvolge e ci chiama continuamente interpellando la nostra libertà, per rendere ognuno di noi un altro Cristo, lo stesso Cristo[5].

San Josemaría, quando col passare degli anni vedeva l’Opus Dei crescere ed espandersi, era solito paragonarla a un bocciòlo che sta diventando una rosa. E come molti santi ha sperimentato quanto può essere difficile per una rosa sbocciare, quanta fatica deve fare la grazia divina per dischiudere in noi la sorprendente bellezza della vita di Cristo. Ce ne accorgiamo anche noi. Chi si sforza di vivere il Vangelo sa bene come questo cammino proceda di rado in modo lineare e senza fatica. È sempre un chiaroscuro di fede e debolezze umane, dove la sicurezza della luce e della grazia divina deve farsi strada nel fango delle nostre inadeguatezze, pusillanimità, resistenze.

Chi si sforza di vivere il Vangelo sa bene come questo cammino proceda di rado in modo lineare e senza fatica

Per questo non ci si può riuscire da soli: il Signore vuole che andiamo insieme, appoggiandoci gli uni agli altri. L’Opus Dei è questo: una piccola famigliola dentro la grande famiglia della Chiesa, dove si condivide un cammino e lo si percorre insieme, vivendo e lavorando ciascuno al suo posto per le strade del mondo e cercando di portare dappertutto l’amore di Dio.

Forse si può trovare una bussola per il sentiero in quelli che il fondatore chiamava “i miei amori”: Cristo, Maria e il Papa. Mettere Gesù al centro della vita, muovere ogni passo sotto lo sguardo di nostra madre e procedere sempre in sintonia col successore di Pietro e con la Chiesa.

Omnes cum Petro ad Iesum per Mariam: è una bella ricetta per camminare in questo mondo, annunziando a tutti che sulla testa di ognuno c’è già una piccola aureola, che ci ricorda che siamo – come dice San Paolo – «santi per vocazione»[6], in cammino verso la casa definitiva, dove ci aspetta l’abbraccio paterno di Dio.

don Luigi Vassallo


[1] Cfr. Mt 5,48 e Concilio Vaticano II, Lumen Gentium, 40.

[2] Cfr. Rom 16,15; 2Cor 13,12; Ef 6,18; Eb 13,24, ecc.

[3] Cfr. San Josemaría, Cammino, n. 1.

[4] Papa Francesco, Esortazione apostolica Gaudete et exsultate, 6-9.

[5] Cfr. San Josemaría, Via Crucis, VI stazione.

[6] Rom 1,7.