La "novità" del lavoro e dell'amicizia

A quasi 90 anni dalla sua nascita "nostro Signore, attraverso quella piccola porzione del Popolo di Dio che è l'Opera, ha qualcosa di nuovo da donare alla nostra gente". In occasione della festa di san Josemaría, don Matteo Fabbri ricorda tre elementi che sono "nel DNA" dell'Opus Dei: filiazione divina, lavoro, amicizia.

L'Opus Dei è giovane. Il 26 giugno è il giorno dell'anniversario della nascita al Cielo di san Josemaría e avviene in un anno particolare, il 2018, che ci porterà, il prossimo 2 ottobre, al 90° della fondazione dell'Opera: per questo il pensiero sulla giovinezza dell'Opera è il primo che mi viene in mente. L'Opus Dei è giovane non solo perché novant'anni sono pochi per un'istituzione che ci sarà finché ci saranno uomini che lavorano, ma è giovane perché, voluta da Dio, ha "novità" da regalare alle persone che vivono oggi.

Quando mio papà, giovane studente di giurisprudenza, conobbe, qui a Milano, le prime persone dell'Opera, era la fine degli anni '50. Quei ragazzi, pochi, entusiasti e vibranti d'amore di Dio, parlavano "di portare il mondo a Dio", ed erano pieni di fede. Il mondo di allora, l'Italia "da portare a Dio", era molto diversa da quella attuale. Era un'Italia fatta da italiani: era praticamente impossibile trovare per strada un asiatico o un africano. Era un'Italia composta quasi interamente da cattolici, da battezzati, moltissimi di loro praticanti.

C'erano poi altri italiani lontani dalla Chiesa o, a volte, che le erano perfino ostili, ma che respiravano lo stesso sistema di valori: non c'erano, per esempio, la pornografia, il divorzio, l'aborto. Le relazioni erano stabili in ogni loro aspetto, serene e pertanto feconde di crescita, anche economica. A quei giovani l'Opera aveva qualcosa da dire. Non erano primariamente gli elementi di base della formazione cristiana, tranquillamente posseduti da larghi strati della popolazione ma, e mi fermo a un solo aspetto, il passare da un cristianesimo di devozioni e di tradizioni, a una vita interiore personale, nutrita dalle ambizioni laiche e sane della cittadinanza cristiana.

nostro Signore, attraverso quella piccola porzione del Popolo di Dio che è l'Opera, ha qualcosa di nuovo da donare alla nostra gente.

Quasi settant'anni dopo, il nostro paese è profondamente mutato. Nostra caratteristica, come avviene per grande parte dell'occidente, è la frammentazione. Convincimenti profondamente diversi su cosa sia la famiglia, il bene e il male, l'uomo e la donna, attraversano ciascuno di noi. Dico "ciascuno di noi" perché spesso queste convinzioni non conciliabili si trovano dentro ciascuno di noi. Il sì ma anche no: ce lo ritroviamo nel nostro cuore, nei nostri pensieri.

Un tempo, in questi casi, c’era l’idea di “essere incoerenti” ma oggi, questa categoria, pare smarrita. C’è, poi, una profonda diversità umana: molte religioni, nessuna religione, molte etnie. A volte, anche, figli di procedure artificiali e non naturali. Ma penso che anche oggi, e forse più oggi di ieri, l'Opera abbia molto da donare: o meglio, nostro Signore, attraverso quella piccola porzione del Popolo di Dio che è l'Opera, ha qualcosa di nuovo da donare alla nostra gente.

se fai bene il pane a me non importa chi tu sia, quali siano le tue opinioni politiche o le tue credenze religiose.

Declino questo mio convincimento attraverso tre espressioni molto note ai membri dell'Opus Dei: la consapevolezza della filiazione divina, il lavoro professionale, l'amicizia. Per usare un'immagine, è come se la filiazione divina fossero i piedi, e amicizia e lavoro fossero le due braccia. In primo luogo la filiazione divina. Sapere con attualizzazione quotidiana che ciascuno di noi è figlio di Dio porta a pensare che la persona che incontro, a prescindere da ogni differenza, è mio fratello. È un'esperienza ormai comune. In ogni famiglia c'è occasione per dire: prima di ogni altro convincimento e tuo comportamento, viene il fatto che siamo fratello e sorella.

Questo principio bello e indiscutibile, della consapevolezza della comune genealogia umana, per una persona dell'Opus Dei può e deve realizzarsi ogni giorno, e direi ogni momento, nelle due relazioni che attraversano ogni multiculturalismo e ogni multireligiosità: il lavoro e l'amicizia. Perché se fai bene il pane a me non importa chi tu sia, quali siano le tue opinioni politiche o le tue credenze religiose. Tu e io troviamo il nostro punto di contatto nel frutto del nostro lavoro che si incontra, si intreccia, e risolve le nostre necessità. Spesso poi - e siamo arrivati alla terza espressione - dalla "relazione lavoro" nascerà un'amicizia. Che non avrà più come orizzonte necessario quello dell'utile, ma vivrà nel regno della gratuità. Perché l'amicizia è stare con te per stare con te, a prescindere, ancora una volta, da ogni altra diversità.

Questi tre elementi - filiazione divina, lavoro, amicizia - sono nel DNA dell'Opus Dei e considerarli da questo punto di vista ci fa comprendere come l'Opera possa costituire un importante agente di unità, un collante, all'interno della società civile e della Chiesa. Quei quattro "chiodi" a cui Papa Francesco appende il proprio pensiero e il proprio agire - l'unità prevale sul conflitto, la realtà è più importante dell'idea, il tutto è superiore alla parte, il tempo è superiore allo spazio (Evangelii Gaudium n. 221) - divengono, per la persona dell'Opus Dei che cura filiazione divina, amicizia e lavoro ben fatto, una possibilità reale e quotidiana di missione in mezzo al mondo.

San Josemaría diceva che le persone dell'Opus dei "hanno "denominatore comune e numeratore diversissimo".

E tutto ciò non solo come singoli ma anche come cristiani in relazione tra loro. San Josemaría aveva coniato un aforisma. Diceva che le persone dell'Opus Dei hanno "denominatore comune e numeratore diversissimo". Dovrebbe accadere cioè che ad altri, guardando due o più persone dell'Opus Dei interagire, venga da esclamare spontaneamente "guarda quei due cristiani, nell'opinabile non sono d'accordo su nulla eppure quanto si vogliono bene: certo, sono dell'Opus Dei!"

Quando accade questo credo che un sorriso appaia sul volto di san Josemaría in Cielo e sul viso di Maria, il cui amore era l’unica cosa che il fondatore ci chiedeva di imitare di lui.

Don Matteo Fabbri
Vicario regionale dell'Opus Dei per l'Italia