Il card. Herranz su "Avvenire" «Del Portillo, fedeltà per servire la Chiesa»

Intervista di Francesco Ognibene al card. Julián Herranz pubblicata su “Avvenire” il 25 settembre.

Buono, fedele, semplice, sorridente, tenace... Non è poi così difficile delineare un profilo di monsignor Álvaro del Portillo primo successore di san Josemaría Escrivá alla guida dell’Opus Dei, che verrà beatificato sabato a Madrid: gli aggettivi che ritornano nelle parole di chi l’ha conosciuto sono sempre questi, o altri affini, un coro affettuoso e grato per la fedeltà con la quale 'don Álvaro' – come viene familiarmente chiamato – ha raccolto il testimone da un santo per consegnarlo alla sua morte vent’anni fa a monsignor Javier Echevarría, attuale prelato dell’Opus Dei.

Per quarant’anni accanto a don Álvaro il cardinale Julián Herranz, presidente emerito del Pontificio Consiglio per i Testi legislativi, è forse il testimone che ha conosciuto più da vicino il nuovo beato (i suoi nitidi ricordi sono stati il fulcro della presentazione a Milano, lunedì sera, della biografia di Álvaro del Portillo appena edita da Ares e firmata dal postulatore Javier Medina Bayo).

Eminenza, cosa insegna la figura di monsignor del Portillo alla Chiesa di oggi?
Un esempio di amorevole spirito di servizio alla Chiesa, nella Curia romana, nel Vaticano II e in seno all’Opus Dei, nonché il suo insegnamento sulla vita e il ministero dei sacerdoti e sulla spiritualità e l’impegno apostolico dei laici. Basta pensare a due delle sue opere più conosciute: Consacrazione e missione del sacerdote e Laici e fedeli nella Chiesa.
Lei ha conosciuto del Portillo a lungo, e molto da vicino. Quali sono le caratteristiche della sua figura umana e spirituale?
Aveva una grande capacità di guadagnarsi la simpatia, la stima e l’amicizia delle persone con le quali aveva a che fare. Sono testimone del fatto che il suo lavoro nella Santa Sede, e in particolare durante il Concilio e nella Pontificia Commissione per la revisione del Codice di diritto canonico, ha suscitato tra chi l’ha conosciuto ammirazione per le sue virtù, due in particolare: la profonda umiltà e una carità delicata, entrambe vissute con finezza e semplicità.
Ha in mente un episodio specifico?
Si, ma è riferito a poco tempo fa. Di recente ho fatto visita a Benedetto XVI nel suo ritiro in monastero nei Giardini Vaticani. Il Papa emerito ovviamente era al corrente dell’ormai prossima beatificazione di monsignor del Portillo. 'Che bello – mi ha detto –, l’ho avuto per anni come collaboratore, era consultore della Congregazione per la dottrina della fede. Che buon esempio è per tutti noi!'. Mi pare un commento eloquente.
Lei come lo ricorda?
Fondamentalmente come un uomo fedele, mite e forte al tempo stesso. Il suo 'segreto' era di essere cor unum et anima una con san Josemaría, immedesimato col carisma fondazionale, con la sua spiritualità e con la propria missione di pastore, che trovarono nell’ambito delle prelature personali l’adeguata configurazione canonica.
Con del Portillo, lei è stato tra i protagonisti della stagione conciliare, con la 'scoperta' della chiamata universale alla santità così cara a Escrivá. Può parlarci del contributo di monsignor del Portillo ai lavori conciliari?
Durante il Vaticano II fu validissimo segretario di una delle dieci commissioni conciliari, quella che preparò il decreto Presbyterorum ordinis,un documento di profondo contenuto dottrinale, ascetico e disciplinare sulla vita e il ministero dei sacerdoti, molto opportuno in un momento in cui si confrontavano teorie contrastanti sull’identità del sacerdote. Il decreto ebbe un’approvazione quasi plebiscitariadei Padri conciliari: 2.394 placet esoltanto 4non placet.Monsignor del Portillo fu impegnato poi durante tutta la fase post-conciliare nell’organismo vaticano chiamato a mettere a punto la nuova legislazione della Chiesa, in continuo contatto con la conferenze episcopali. In questa Commissione don Álvaro diresse il gruppo di studio sull’identità e la missione dei fedeli laici e sui loro diritti e doveri, sia nelle strutture ecclesiastiche che nelle realtà secolari. Fu un lungo lavoro, con un impatto diretto sul corretto recepimento della dottrina conciliare sulla chiamata battesimale alla santità e all’apostolato.
Molti credenti – fedeli della Prelatura e non – in tutto il mondo si rivolgono nella preghiera all’intercessione di don Álvaro. Lei cosa gli chiede?
Avendo vissuto accanto a lui tanti anni al servizio della Santa Sede e della Chiesa universale, la preghiera al Signore che affido all’intercessione di don Álvaro è che conceda a papa Francesco, ai suoi collaboratori e a tutta la Chiesa la grazia divina necessaria per realizzare con gioia e ferma speranza la nuova evangelizzazione di cui l’umanità ha tanto bisogno in questa critica epoca storica.
Cosa dice all’Opus Dei il magistero sulla Chiesa 'in uscita' richiamato costantemente da papa Francesco per un compimento pieno del Vaticano II? E che tappa segna nella sua storia la beatificazionedel primo successore di Escrivá?
A questa domanda risponderebbe certamente meglio di me il prelato dell’Opus Dei... Io posso soltanto testimoniare l’entusiasmo e l’impegno con i quali ho visto che i membri della Prelatura hanno accolto laEvangelii gaudium con il suo duplice, principale richiamo: al rinnovamento missionario della Chiesa e alla presa di coscienza, da parte di tutti, della dimensione sociale dell’evangelizzazione. Personalmente ricordo bene come, tanti anni fa, il fondatore dell’Opus Dei parlava di «audacia apostolica», della «gioia di essere figli di Dio», dell’apostolato «secolare e laicale» in tutti gli ambiti della società («come una puntura fatta nel torrente circolatorio della società», diceva), ma anche della giustizia sociale vissuta e procurata dai laici dell’Opus Dei nel proprio lavoro professionale e attraverso di esso.
Eminenza, con il lavoro della Commissione cardinalizia per indagare sulla fuoriuscita di notizie e documenti riservati dal Vaticano ('Vatileaks'), da lei coordinata, lei ha contribuito al lavoro di riforma della Chiesa cui ora il Papa, insieme al Consiglio dei 9 cardinali, sta ponendo mano. Che strada sta percorrendo la Chiesa, e dove arriverà?
Non ho una risposta... Penso che, guidata dallo Spirito Santo, la suprema autorità della Chiesa stia percorrendo – senza alcuna rottura con la tradizione – la strada del rinnovamento nella continuità voluta dal Concilio Vaticano II e più volte ricordata da Benedetto XVI. In questa linea, papa Francesco sottolinea due parole: 'collegialità' e 'misericordia'. Da una parte, il Papa favorisce le varie forme possibili di partecipazione dei vescovi diocesani nel governo della Chiesa, come saranno i prossimi Sinodi straordinario e ordinario sulle sfide pastorali della famiglia; dall’altra, il Papa sottolinea l’urgenza pastorale ed evangelizzatrice di una maggiore vicinanza di pastori, vescovi e sacerdoti, alle realtà umane del gregge («l’odore delle pecore»), e la necessità di essere vicini alle persone, specie ai più deboli e feriti nel cuore, con lo stile evangelico di Gesù: il quale non abolì la Legge, ma la perfezionò, ci insegnò ad adempierla con lo spirito delle Beatitudini e le opere di misericordia.