Dora e il beato Álvaro

Nell'amicizia con san Josemaría e la fedeltà alla loro vocazione particolare, le vite di Dora e del beato Álvaro sono molto legate.

Le storie di Dora e del beato Álvaro hanno molto in comune. Entrambi hanno risposto con fedeltà alla chiamata di Dio per diffondere nel mondo il messaggio che tutti possiamo essere santi nella nostra vita quotidiana, nel nostro lavoro.

Il beato Álvaro lo ha fatto lavorando con senso di responsabilità e creando un’atmosfera di pace e serenità nel proprio ambiente, prima da studente, poi da ingegnere e, infine, da sacerdote, aiutando san Josemaría a diffondere lo spirito dell’Opus Dei e lavorando per la Santa Sede negli incarichi che ricevette.

Dora ha testimoniato il messaggio della santità nella vita quotidiana con la dedizione professionale ai lavori di casa, per trasmettere il calore di famiglia a tutti coloro che partecipavano alle attività di formazione cristiana dell’Opus Dei e, in questo modo, diffondendoli nel mondo. Tutto con gioia, con altruismo.

Entrambi furono di grande sostegno per san Josemaría, con i loro impegni svolti al meglio, la loro vicinanza, la loro preghiera, il loro lavoro, la loro fedeltà e la loro perseveranza anche nei momenti difficili della storia dell’Opus Dei.

In occasione della beatificazione di don Álvaro - il 27 settembre 2014 a Madrid – abbiamo raccolto alcuni ricordi che mostrano quanto fosse intrisa di affetto fraterno la vicinanza di don Álvaro a Dora all’inizio e di affetto paterno dopo il 1975, quando succedette a san Josemaría nella guida dell'Opus Dei.

Già un paio di mesi il beato Álvaro e san Josemaría vivevano a Roma nel primo centro dell’Opus Dei d'Italia, quando il 26 dicembre 1946 andarono all’aeroporto di Ciampino per accogliere Dora che arrivava dalla Spagna e che veniva a organizzare la gestione domestica della casa.
Da lì si diressero al piano dove risiedevano, molto vicino alla basilica di san Pietro. Non appena scorsero la cupola, san Josemaría la invitò a pregare con lui il Credo e, in qualche modo, la confessione della fede cattolica fu la sua prima cosa che Dora fece a Roma.

Successivamente il beato Álvaro ebbe l'incarico di insegnare l'italiano alle nuove arrivate. Scrisse loro su un foglio il Padre Nostro e l’Ave Maria e insegnò loro come si pronunciavano.
San Josemaría regalò loro una copia de "I Promessi Sposi" di Alessandro Manzoni, perché lo leggessero per prendere confidenza con l'italiano. Gradualmente furono in grado di padroneggiare la lingua di Dante, anche se, in un primo momento, la lettura in italiano fu spesso fonte di risate e di confusione. Il beato Álvaro fu il direttore spirituale che in quella prima fase assistette Dora.

Il 30 Marzo del 1948 il padre di Dora morì. In quegli anni del dopoguerra, i mezzi di trasporto non erano efficienti e Dora non potè tornare a casa, a Boca de Huérgano (León, Spagna). Offrì quel dolore a Dio e rimase molto vicino ai suoi fratelli, nonostante la distanza.

San Josemaría andò subito a trovare Dora, accompagnato dal beato Álvaro, e recitò con lei una preghiera in suffragio dell’anima di suo padre, Demetrio. Poi le suggerì di andare a dormire presto senza preoccuparsi della cena e del lavoro da fare.

Comunque, come ricorda una sua amica, Rosalia: “Dora, poichè era molto forte, pregava molto, continuando nel suo solito ritmo di lavoro”. Il giorno dopo, celebrarono la Messa in suffragio dell’anima di suo padre, prima san Josemaría, poi il beato Álvaro, e questo la consolò moltissimo.

In un’altra occasione il beato Álvaro e san Josemaria seppero che Dora stava male per aver mangiato qualcosa, tanto che aveva dovuto rimanere a letto. Subito il beato Álvaro, che la conosceva bene, constatò che doveva essere la prima volta che le succedeva. San Josemaría chiese a una delle sue figlie che proveniva dalle parti di Dora di portarle un pezzo di formaggio e un frutto d’Aragona, perché sapeva che le piacevano.

Il beato Álvaro dava molta importanza alla dedizione che era insita nei lavori di casa. Su questa linea assecondava la preoccupazione di san Josemaria di migliorarne la professionalità e le condizioni nelle quali questi lavori si realizzavano nella residenza.

Alla fine del 1955 il beato Álvaro si recò in diverse occasioni nella clinica romana Salvator Mundi a trovare un amico che era ricoverato lì. Una volta gli furono fatte vedere le strutture tecniche e il beato Álvaro notò una macchina per stirare che sembrava utile per Villa Tevere. Non appena ritornò a casa, lo raccontò a san Josemaría che sottolineò l’opportunità di sentire anche il parere di Dora. Poco dopo fu acquistata una macchina simile.

In un’altra occasione, appena il beato Álvaro seppe che Dora si occupava della pulitura a secco di capi di abbigliamento e che lo faceva a mano, con benzina e un liquido che avrebbe potuto danneggiarne la salute, in un patio esterno, sia d’inverno che d’estate, si occupò con san Josemaría di procurare una macchina per la pulitura a secco dei capi, l'unico strumento adatto a porre fine a quella situazione.