Commento al Vangelo: “I dieci lebbrosi”

Vangelo della 28ª domenica del Tempo ordinario (Ciclo C) e commento al vangelo.

Vangelo (Lc 17, 11-19)

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce:

– Gesù, Maestro, abbi pietà di noi!

Appena li vide, Gesù disse loro:

– Andate a presentarvi ai sacerdoti.

E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un samaritano. Ma Gesù osservò:

– Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?

E gli disse:

– Alzati e va’: la tua fede ti ha salvato!

Commento

Ai tempi di Gesù la terribile malattia contagiosa della lebbra colpiva molta gente, come i dieci lebbrosi del brano di questa domenica. Per evitare contagi, l’Antico Testamento stabiliva norme severe: «Il lebbroso colpito dalla lebbra porterà vesti strappate e il capo scoperto, si coprirà la barba e andrà gridando: Immondo! Immondo! Sarà immondo finchè avrà la piaga; è immondo, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento» (Lv 13, 45-46). I sacerdoti erano quelli che avevano l’autorità di dichiarare pubblicamente che una persona era lebbrosa, o anche di annunciare la sua guarigione per poterli fare rientrare nella società.

Probabilmente, dunque, i dieci lebbrosi della scena narrata da Luca vivevano non lontano da un villaggio. Tra loro c’era un samaritano, perché la comune sofferenza aveva mitigato l’abituale inimicizia tra giudei e samaritani. Quei malati forse avevano sentito parlare di Gesù, il maestro della Galilea che guariva i malati. È assai probabile che tutti quanti loro accarezzassero la speranza di incontrarlo. Sicché, quando lo vedono passare e lo riconoscono, gridano forte da lontano chiedendogli di avere pietà di loro. «Sperano, stando lontano – dice un Padre della Chiesa –, come vergognosi per l’impurezza che avevano in sé. Pensavano che anche Gesù li avrebbe respinti, come facevano gli altri. Per questo si fermarono a distanza, anche se poi si avvicinarono per pregarlo. Il Signore è sempre vicino a quanti lo invocano con sincerità (cfr. Sal 145, 18)»[1].

Dalla richiesta dei dieci lebbrosi possiamo imparare a pregare Dio con fiducia, convinti che Egli può tutto e che non occorre aspettare di sentirci degni per chiedere e ricevere ciò di cui abbiamo bisogno. Come ha scritto san Josemaría, «Ti vedi così miserabile che ti riconosci indegno d’essere ascoltato da Dio. Ma... e i meriti di Maria? E le piaghe del tuo Signore? E... non sei forse figlio di Dio? Inoltre, Egli ti ascolta “quoniam bonus..., quoniam in saeculum misericordia eius”: perché è buono, perché la sua misericordia permane in eterno»[2]. Anche se Gesù sa tutto di noi, fa affidamento su una nostra richiesta piena di fede e di perseveranza per darci quello che chiediamo. Non soltanto, ma come diceva sant’Agostino, in realtà il Signore ha «più voglia di dare che noi di ricevere, ed ha più voglia Lui di farci misericordia che noi di vederci liberati dalle nostre miserie»[3].

Gesù ha ascoltato la richiesta dei dieci lebbrosi, e come suole fare con tutte le persone che incontra, chiede loro in cambio un gesto di fiducia, adeguato alla situazione personale di coloro che lo pregano. In questo caso, non li tocca, né impone loro le sue mani. Semplicemente, comanda loro, una volta guariti, di andare da chi ha l’autorità di dichiararli purificati dalla malattia. E mentre camminavano, furono tutti guariti. Naturalmente si saranno colmati di una gioia immensa, conosciuta da molta gente, quando i sacerdoti verificarono pubblicamente la loro guarigione. Ma soltanto il samaritano si ricordò, con gratitudine, del suo benefattore, Gesù, e seppe «dar gloria a Dio», ritornando ai suoi piedi per ringraziare.

Dall’atteggiamento del samaritano e dal rimprovero che Gesù fa riguardo ai nove ingrati, dobbiamo trarre da questo brano un’altra lezione molto importante: che ogni nostro ringraziamento dà gloria a Dio e ci predispone a ricevere doni più grandi. Per questo ci conviene stimolare nel nostro cuore, insieme con la richiesta piena di fiducia di ciò di cui abbiamo bisogno, la riconoscenza per tutto ciò che riceviamo, anche se non lo abbiamo chiesto. Infatti, diceva san Giovanni Crisostomo, Dio «ci fa molti regali, e la maggior parte noi li ignoriamo»[4]. Se siamo grati a Dio e lo lodiamo per ogni cosa, attireremo su di noi e sugli altri le benedizioni del Cielo. Sant’Agostino spiegava, «tutta la nostra vita presente deve trascorrere nella lode di Dio, perché in essa consisterà la gioia perpetua della vita futura; e nessuno può rendersi idoneo della vita futura se non si esercita ora in questa lode»[5].

Pablo M. Edo


[1] Teofilatto, Catena aurea, in loc.

[2] San Josemaría, Cammino, n. 93.

[3] Sant’Agostino, Sermo, 105.

[4] San Giovanni Crisostomo, Hom. In Matt., 25.

[5] Sant’Agostino, Enarrationes in psalmos, 148.