48. Cosa fu l’Editto di Milano?

Quasi in ogni pagina del Vangelo ci imbattiamo in personaggi che si chiedono qualcosa su Gesù: da dove viene, come mai insegna con tanta autorità, da dove deriva il suo potere, perché fa miracoli, perché sembra opporsi alle tradizioni, perché le autorità lo respingono. Sono domande che si fecero allora e si sono continuate a fare lungo i secoli. A queste domande se ne sono aggiunte altre sul Gesù storico: che lingua parlava, che rapporto aveva con Qumran, è esistito davvero Ponzio Pilato?

All’inizio del secolo IV, i cristiani furono un’altra volta terribilmente perseguitati. L’imperatore Diocleziano, insieme a Galerio, scatenò nell’anno 303 quella che si conosce come la “grande persecuzione”, nell’intento di restaurare l'unità dell'impero, minacciata a suo parere dall’incessante crescita del cristianesimo. Fra le altre cose ordinò che fossero demolite le chiese dei cristiani, bruciate le copie della Bibbia, condannate a morte le autorità ecclesiastiche, privati tutti i cristiani delle cariche pubbliche e dei diritti civili, fatti sacrifici agli dei sotto pena di morte, ecc. Di fronte alla inefficacia che ebbero queste misure per eliminare il cristianesimo, Galerio, per motivi di clemenza e di opportunità politica, promulgò il 30 aprile del 311 un decreto di indulgenza, per cui cessavano le persecuzioni anticristiane. Si riconosceva ai cristiani personalità giuridica, e libertà per celebrare riunioni e costruire templi.

Frattanto, Costantino era stato eletto imperatore in occidente. Dopo la sconfitta di Massenzio nel 312, nel mese di febbraio dell’anno seguente si riunì a Milano con l’imperatore di oriente, Licinio. Fra le altre cose trattarono il problema dei cristiani e convennero di pubblicare nuove disposizioni in loro favore. Il risultato di questo incontro è quello che si conosce come “Editto di Milano”, sebbene probabilmente non è esistito un editto promulgato a Milano dai due imperatori. Quello concordato lì lo conosciamo dall’editto pubblicato da Licinio per la parte orientale dell’Impero. Il testo ci è arrivato da una lettera scritta nel 313 ai governatori provinciali, che raccolgono Eusebio di Cesarea (Historia ecclesiastica 10,5) e Lattanzio (De mortibus persecutorum 48). Nella prima parte si stabilisce il principio di libertà di religione per tutti i cittadini e, come conseguenza, si riconosce esplicitamente ai cristiani il diritto a godere di questa libertà. L’editto permetteva di praticare la propria religione non solo ai cristiani, ma a tutti, qualsiasi fosse il loro culto. Nella seconda parte decreta di restituire ai cristiani i loro antichi luoghi di riunione e culto, così come altre proprietà, che erano state confiscate dalle autorità romane e vendute a privati nella passata persecuzione.

Lontano dall’attribuire al cristianesimo un luogo preminente, l’editto sembra piuttosto voler conseguire la benevolenza della divinità in tutte le forme che si presentasse, in consonanza col sincretismo che allora praticava Costantino, che, malgrado favorisse la Chiesa, continuò per un certo tempo a dare culto al Sole Invitto. In ogni caso, il paganesimo cessò di essere la religione ufficiale dell’Impero e l’editto permise che i cristiani godessero degli stessi diritti degli altri cittadini. Da questo momento, la Chiesa passò a essere una religione lecita e a ricevere riconoscimento giuridico da parte dell’Impero, che permise una rapida fioritura.