7. Il Giubileo nella Bibbia. Giustizia e condivisione

«È un giubileo per convertirsi, perché il nostro cuore diventi più grande, più generoso, più figlio di Dio, con più amore».

Cari fratelli e sorelle, buongiorno e buon cammino di Quaresima!

È bello e anche significativo avere questa udienza proprio in questo Mercoledì delle Ceneri. Incominciamo il cammino della Quaresima, e oggi ci soffermiamo sull’antica istituzione del “giubileo”; è una cosa antica, attestata nella Sacra Scrittura. La troviamo in particolare nel Libro del Levitico, che la presenta come un momento culminante della vita religiosa e sociale del popolo d’Israele.

Ogni 50 anni, «nel giorno dell’espiazione» (Lv 25,9), quando la misericordia del Signore veniva invocata su tutto il popolo, il suono del corno annunciava un grande evento di liberazione. Leggiamo infatti nel libro del Levitico: «Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nella terra per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia […] In quest’anno del giubileo ciascuno tornerà nella sua proprietà» (25,10.13). Secondo queste disposizioni, se qualcuno era stato costretto a vendere la sua terra o la sua casa, nel giubileo poteva rientrarne in possesso; e se qualcuno aveva contratto debiti e, impossibilitato a pagarli, fosse stato costretto a mettersi al servizio del creditore, poteva tornarsene libero alla sua famiglia e riavere tutte le proprietà.

Era una specie di “condono generale”, con cui si permetteva a tutti di tornare nella situazione originaria, con la cancellazione di ogni debito, la restituzione della terra, e la possibilità di godere di nuovo della libertà propria dei membri del popolo di Dio. Un popolo “santo”, dove prescrizioni come quella del giubileo servivano a combattere la povertà e la disuguaglianza, garantendo una vita dignitosa per tutti e un’equa distribuzione della terra su cui abitare e da cui trarre sostentamento. L’idea centrale è che la terra appartiene originariamente a Dio ed è stata affidata agli uomini (cfr Gen 1,28-29), e perciò nessuno può arrogarsene il possesso esclusivo, creando situazioni di disuguaglianza. Questo, oggi, possiamo pensarlo e ripensarlo; ognuno nel suo cuore pensi se ha troppe cose. Ma perché non lasciare a quelli che non hanno niente? Il dieci per cento, il cinquanta per cento… Io dico: che lo Spirito Santo ispiri ognuno di voi.

Con il giubileo, chi era diventato povero ritornava ad avere il necessario per vivere, e chi era diventato ricco restituiva al povero ciò che gli aveva preso. Il fine era una società basata sull’uguaglianza e la solidarietà, dove la libertà, la terra e il denaro ridiventassero un bene per tutti e non solo per alcuni, come accade adesso, se non sbaglio… Più o meno, le cifre non sono sicure, ma l’ottanta per cento delle ricchezze dell’umanità sono nelle mani di meno del venti per cento della popolazione. È un giubileo – e questo lo dico ricordando la nostra storia di salvezza – per convertirsi, perché il nostro cuore diventi più grande, più generoso, più figlio di Dio, con più amore. Vi dico una cosa: se questo desiderio, se il giubileo non arriva alle tasche, non è un vero giubileo. Avete capito? E questo è nella Bibbia! Non lo inventa questo Papa: è nella Bibbia. Il fine – come ho detto – era una società basata sull’uguaglianza e la solidarietà, dove la libertà, la terra e il denaro diventassero un bene per tutti e non per alcuni. Infatti il giubileo aveva la funzione di aiutare il popolo a vivere una fraternità concreta, fatta di aiuto reciproco. Possiamo dire che il giubileo biblico era un “giubileo di misericordia”, perché vissuto nella ricerca sincera del bene del fratello bisognoso.

Nella stessa linea, anche altre istituzioni e altre leggi governavano la vita del popolo di Dio, perché si potesse sperimentare la misericordia del Signore attraverso quella degli uomini. In quelle norme troviamo indicazioni valide anche oggi, che fanno riflettere. Ad esempio, la legge biblica prescriveva il versamento delle “decime” che venivano destinate ai Leviti, incaricati del culto, i quali erano senza terra, e ai poveri, agli orfani, alle vedove (cfr Dt 14,22-29). Si prevedeva cioè che la decima parte del raccolto, o dei proventi di altre attività, venisse data a coloro che erano senza protezione e in stato di necessità, così da favorire condizioni di relativa uguaglianza all’interno di un popolo in cui tutti dovevano comportarsi da fratelli.

C’era anche la legge concernente le “primizie”. Che cos’è questo? La prima parte del raccolto, la parte più preziosa, doveva essere condivisa con i Leviti e gli stranieri (cfr Dt 18,4-5; 26,1-11), che non possedevano campi, così che anche per loro la terra fosse fonte di nutrimento e di vita. «La terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e ospiti», dice il Signore (Lv 25,23). Siamo tutti ospiti del Signore, in attesa della patria celeste (cfr Eb 11,13-16; 1Pt 2,11), chiamati a rendere abitabile e umano il mondo che ci accoglie. E quante “primizie” chi è più fortunato potrebbe donare a chi è in difficoltà! Quante primizie! Primizie non solo dei frutti dei campi, ma di ogni altro prodotto del lavoro, degli stipendi, dei risparmi, di tante cose che si possiedono e che a volte si sprecano. Questo succede anche oggi. Nell’Elemosineria apostolica arrivano tante lettere con un po’ di denaro: “Questa è una parte del mio stipendio per aiutare altri”. E questo è bello; aiutare gli altri, le istituzioni di beneficenza, gli ospedali, le case di riposo…; dare anche ai forestieri, quelli che sono stranieri e sono di passaggio. Gesù è stato di passaggio in Egitto.

E proprio pensando a questo, la Sacra Scrittura esorta con insistenza a rispondere generosamente alle richieste di prestiti, senza fare calcoli meschini e senza pretendere interessi impossibili: «Se il tuo fratello che è presso di te cade in miseria ed è privo di mezzi, aiutalo, come un forestiero e ospite, perché possa vivere presso di te. Non prendere da lui interessi, né utili; ma temi il tuo Dio e fa’ vivere il tuo fratello presso di te. Non gli presterai il denaro a interesse, né gli darai il vitto ad usura» (Lv 25,35-37). Questo insegnamento è sempre attuale. Quante famiglie sono sulla strada, vittime dell’usura! Per favore preghiamo, perché in questo giubileo il Signore tolga dal cuore di tutti noi questa voglia di avere di più, l’usura. Che si ritorni ad essere generosi, grandi. Quante situazioni di usura siamo costretti a vedere e quanta sofferenza e angoscia portano alle famiglie! E tante volte, nella disperazione, quanti uomini finiscono nel suicidio perché non ce la fanno e non hanno la speranza, non hanno la mano tesa che li aiuti; soltanto la mano che viene a fargli pagare gli interessi. È un grave peccato l’usura, è un peccato che grida al cospetto di Dio. Il Signore invece ha promesso la sua benedizione a chi apre la mano per dare con larghezza (cfr Dt 15,10). Lui ti darà il doppio, forse non in soldi ma in altre cose, ma il Signore ti darà sempre il doppio.

Cari fratelli e sorelle, il messaggio biblico è molto chiaro: aprirsi con coraggio alla condivisione, e questo è misericordia! E se noi vogliamo misericordia da Dio incominciamo a farla noi. È questo: incominciamo a farla noi tra concittadini, tra famiglie, tra popoli, tra continenti. Contribuire a realizzare una terra senza poveri vuol dire costruire società senza discriminazioni, basate sulla solidarietà che porta a condividere quanto si possiede, in una ripartizione delle risorse fondata sulla fratellanza e sulla giustizia. Grazie.


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