Uno nuovo stile di vita

Intervista a D. Pippo Corigliano, direttore dell'ufficio stampa dell'Opus Dei in Italia

Pippo Corigliano, direttore dell'ufficio di stampa dell'Opus Dei in Italia

Il 6 ottobre 2009 si celebrerà il 7º anniversario della canonizzazione di san Josemaría.

Giuseppe Corigliano, Pippo Corigliano, come è conosciuto nell'ambiente giornalistico italiano, direttore dell'ufficio stampa dell'Opus Dei in Italia, ha vissuto da protagonista le giornate della canonizzazione di Josemaría Escrivá. Lei ha partecipato in maniera attiva alla preparazione della canonizzazione del fondatore dell'Opus Dei, concretamente nell'attenzione ai mezzi di comunicazione.

Che cosa ha significato per lei collaborare a questo avvenimento?

Quando si partecipa alla preparazione di un evento, come quello della canonizzazione, c'è il rischio di non viverlo con la profondità che merita. L'impegno organizzativo aveva assorbito la mia attenzione fino al momento della celebrazione della Santa Messa. Mentre tentavo di concentrarmi nel ringraziamento dopo la comunione, Giovanni Minoli, un prestigioso dirigente della RAI che seguiva accanto a me la cerimonia, mi ha sussurrato "Pippo guarda!". Ho alzato la testa e, dall'alto del sagrato, ho visto la piazza invasa da ombrelli bianchi che accompagnavano il Santissimo per la Comunione. Era uno spettacolo mai visto, che ispirava una profonda devozione. Mi è sembrato che l'amore di nostro Padre all'Eucarestia, e l'acuta sofferenza dei suoi ultimi anni per gli errori teologici, si stavano manifestando in quella scena. Era un segno della Provvidenza che premiava la fedeltà di nostro Padre. Questo è il ricordo più toccante.

In Piazza San Pietro, nel momento di la Comunione

Cosa metterebbe in evidenza di quella esperienza?

Una frase. Quella di Giovanni Paolo II dopo la S. Messa di ringraziamento del giorno dopo: "Grazie per quanto fate per la Chiesa". Il dolce Cristo in terra ringraziava nostro Padre e noi che abbiamo avuto la fortuna di seguirlo. E' stata come una carezza del Signore per questa bella famiglia dell'Opera.

Qual è stata l'eco internazionale dell'opinione pubblica sulla canonizzazione del fondatore dell'Opus Dei? Come riassumerebbe la reazione dei mezzi di comunicazione prima, durante e dopo l'evento? Ha qualche aneddoto?

Tutti sappiamo che i media non riescono sempre a comprendere la semplicità evangelica dello Spirito dell'Opera. Prevalgono spesso interpretazioni politiche o maliziose. Ebbene quel giorno, inaspettatamente e in tutto il mondo, tutti ammutolirono e riportarono la cronaca della canonizzazione con molto rispetto. La televisione italiana seguì l'evento con una regia magistrale e mise in scena uno splendido spettacolo di fede. In particolare il commento di Vittorio Messori fece notare l'assoluto e pregnante silenzio durante la Consacrazione e, successivamente, mise in risalto l'ordine con cui si era svolta la celebrazione e la pulizia con cui fu lasciata Piazza San Pietro a cerimonia ultimata.

Quali titoli le sono piaciuti? Ci sono state notizie sull’evento che l’hanno infastidita? Perché?

Mi piacque il titolo del Corriere della Sera: "Festa per Escrivá, santo di giovani e ceti medi" tanto che scegliemmo quell'articolo come retro di una elegante rassegna stampa che confezionammo subito dopo. La Repubblica pubblicò un articolo in cui una giornalista ironizzava sulle numerosi madri, eleganti e con la collana, circondate da tanti figli, che andavano a confessarsi. Feci notare al direttore del giornale che quel tono era fuori luogo e il giorno dopo pubblicò due belle interviste a politici italiani che avevano partecipato alla cerimonia.

Lei ha avuto l’opportunità di conoscere personalmente san Josemaría, quando lo ha conosciuto? Che cosa l’ha colpito? Può affermare che ha lasciato traccia nella sua vita?

L'ho conosciuto nel '61 e l'ho visto per l'ultima volta il 31 marzo 1975. In quella circostanza mi disse una frase che è come un riassunto di quanto ho imparato da lui: "Lo peor que podria pasar en el Opus Dei es que no se notara que nos queremos". Nostro Padre mi ha fatto capire che Gesù non è un catechismo, è amore vissuto.

6 ottobre di 2002, nella canonizazione di Josemaría Escrivá

Come descriverebbe l'esperienza di avere conosciuto un santo? Si immaginava che un giorno avrebbe potuto vederlo sugli altari?

Non ho mai avuto un dubbio sulla sua santità. Ero pronto a fare qualsiasi imbroglio pur di stare il più tempo possibile con lui: non perché sono napoletano ma perché ero convinto che era un santo e che perdere l'occasione di ascoltarlo e vederlo era un peccato. Vederlo sugli altari mi sembra una cosa giusta, vorrei vederlo di più nel mio cuore. Quando vedo un suo filmato mi viene da dirmi "Pippo devi cominciare daccapo!"

Secondo lei, qual è l'apporto più significativo del fondatore dell'Opus Dei?

Come prima cosa, un rinnovamento di santità in tutta la Chiesa:, un nuovo soffio dello Spirito Santo. Poi l'originale e giusto inquadramento del ruolo del laico, indispensabile in questo momento della storia della Chiesa. Infine aver ricordato che la fede vissuta è stare in famiglia con Dio Padre, Dio Figlio e Dio Spirito Santo, in famiglia con Maria e Giuseppe e in famiglia con Gesù e gli apostoli. La Chiesa è famiglia, la famiglia di Dio, non è un convento, né una caserma, né un monastero, né un collegio. Ho fatto una sintesi estrema. Si potrebbero scrivere intere biblioteche sull'argomento e infatti si stanno scrivendo.

E rispetto alla funzione giornalistica o dei mezzi di comunicazione nella società?

Credo che su questo dobbiamo migliorare. Nostro Padre è stato un grande evento culturale. Uno stile nuovo di vita. Noi stessi dobbiamo capirlo sempre di più. Professionalità nei mezzi di comunicazione non è solo tecnica, significa essere colti, conoscere tutto sull'uomo. Avere esperienza di vita e conoscenza della letteratura, la storia, la filosofia che l'umanità ha prodotto. Professionalità non è solo essere specialisti ma essere uomini completi.