“Avevo ventisei anni, grazia di Dio e buon umore, e niente di più. E dovevo fare l’Opus Dei”. Così san Josemaría raccontava l’inizio di quell’avventura soprannaturale che Dio gli aveva affidato il 2 ottobre del 1928. Era giovane, pieno di grazia di Dio – era un’impresa divina – di entusiasmo e del buon umore che spesso contraddistingue i santi. Si trovava davanti a un orizzonte arduo che gli avrebbe richiesto la vita intera, tante sofferenze e grandi regali dal Cielo.
Oggi l’Opus Dei compie 93 anni, e si può considerare come una nonna che ha generato figli e nipoti: tanti i ricordi alle spalle e i sogni realizzati, insieme alle ferite e ai normali acciacchi dell’età.
Molti dei fedeli dell’Opus Dei possono dire di aver constatato nella loro vita quel “sognate, e la realtà supererà i vostri sogni” che spesso ripeteva il santo fondatore. Molti altri, che forse di recente hanno cominciato a ricevere luce e calore dallo spirito dell’Opera, sperimentano come esso continui ancora a offrire risposte alle sfide del nostro tempo.
È ancora valido il messaggio dell’Opus Dei di fronte a scenari così difficili?
Eppure si sperimenta una certa stanchezza, sembra sia sempre più complesso per i cristiani cercare la santità nella vita ordinaria. Che cos’è poi “ordinario” oggi, quando tante situazioni straordinarie sono all’ordine del giorno: pandemie, un mercato del lavoro frenetico e instabile, la profonda crisi del matrimonio e della famiglia, l’invecchiamento della popolazione. È ancora valido il messaggio dell’Opus Dei di fronte a scenari così difficili?
È incoraggiante ricordare le parole di Benedetto XVI nei giorni della morte di san Giovanni Paolo II: “la Chiesa è viva e la Chiesa è giovane: essa porta in sé il futuro del mondo e perciò mostra anche a ciascuno di noi la via verso il futuro” [1].
Sì, è possibile continuare a sperare e a sognare “nella prospettiva che ci ha insegnato ad avere nostro Padre: cercare di vivere il presente con amore” [2].
L’amore mantiene il cuore giovane anche quando il tempo passa e sono più numerosi i ricordi che i progetti. E la riconoscenza per la santità di tante anime che hanno fatto della volontà di Dio il loro programma di vita, a partire da san Josemaría, è il terreno migliore per tornare a sognare, in un nuovo anniversario che ci allontana dal punto di inizio di questa opera divina. Ringraziare, chiedere perdono e rilanciare con propositi di miglioramento. “Grazie, perdonami e aiutami di più”, come amava ripetere il beato Álvaro del Portillo.
Questo è l’atteggiamento da coltivare nell’avvicinarci al centenario, che sarà un momento propizio per riflettere sulle sfide che si presentano alla Chiesa e alla società, chiedendoci quale potrebbe essere il nostro migliore contributo. Un'occasione per ringiovanirci, per riconoscere l’amore di Dio nella nostra vita e portarlo agli altri [3].
Quando san Josemaría raggiunse i settant’anni di età cominciò a scherzare sul fatto che in realtà aveva solo sette anni, perché lo zero non contava niente. Non era solo un modo di scherzare con i partecipanti agli incontri che teneva in quegli anni. Era la consapevolezza che hanno solo gli innamorati che sperimentano la giovinezza di un amore vivo e sempre nuovo.
Così diceva in uno di questi incontri:
“Noi che ci siamo donati a Nostro Signore non siamo mai vecchi. Abbiamo la gioventù di Gesù Cristo: Iesus Christus heri et hodie, ipse et in saecula. Gesù, ieri, oggi e con il passare dei secoli, è sempre lo stesso. Giovane! Giovane è l’amore” [4].
Don Giovanni Vassallo
[1] Benedetto XVI, Omelia, 24 aprile 2005.
[2] Mons. Fernando Ocáriz, Messaggio (10 giugno 2021).
[3] Ivi.
[4] San Josemaría, Appunti di una riunione familiare, 9-X-1972; in “Dos meses de catequesis” 1972, vol. II, p. 831 - AGP, biblioteca, P04.