Meditazioni: Mercoledì della terza settimana del Tempo Ordinario

Riflessioni per meditare nel mercoledì della terza settimana del Tempo Ordinario. I temi proposti sono: Due fedeli collaboratori di san Paolo; L’alimento della Sacra Scrittura; L’evangelizzazione la fa Dio stesso.

- Due fedeli collaboratori di san Paolo

- L’alimento della Sacra Scrittura

- L’evangelizzazione la fa Dio stesso


Nel nuovo testamento sono menzionati più di sessanta collaboratori di san Paolo. L’Apostolo si muoveva in compagnia di altri fedeli, che era solito far sì che si prendessero a carico le comunità che man mano nascevano. Fra questi collaboratori si mettono in evidenza Timoteo e Tito, la cui memoria ricordiamo il giorno dopo la festa della conversione di san Paolo.

Timoteo, fin da giovanissimo, è stato un collaboratore fedele di san Paolo: gli è stato accanto per tutta l’Asia Minore, è stato con lui in prigione almeno una volta ed è stato inviato in diverse missioni. È chiaro che l’Apostolo ha sempre potuto godere della sua vicinanza, anche se a volte sono stati fisicamente lontani. San Paolo ricambiava questo appoggio pregando per lui e per la sua famiglia, che conosceva bene: «Mi ricordo di te nelle mie preghiere sempre, notte e giorno. Mi tornano alla mente le tue lacrime e sento la nostalgia di rivederti per essere pieno di gioia. Mi ricordo infatti della tua schietta fede, che ebbero anche tua nonna Lòide e tua madre Eunìce» (2 Tm 1, 3-5). Così gli scrive, probabilmente da Roma, durante la sua seconda prigionia che sarebbe culminata con il martirio.

Anche Tito fu un fedele collaboratore dell’Apostolo. Si conserva almeno una lettera che ricevette da san Paolo e che fa parte delle cosiddette «lettere pastorali», perché in esse si danno orientamenti e norme per il buon andamento delle nascenti comunità cristiane. «Imparino così anche i nostri a distinguersi nel fare il bene» (Tt 3, 14). È un buon consiglio anche per noi, che vogliamo essere apostoli come Timoteo e Tito: la nostra preoccupazione sincera per tutti sarà il miglior annuncio del Vangelo.


Nella seconda lettera che scrisse a Timoteo, san Paolo si dimostra grato per la perseveranza del suo collaboratore e lo sprona a rimanere fermo nei seguenti termini: «Conosci le Sacre Scritture fin dall’infanzia: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene mediante la fede in Cristo Gesù. Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona» (2 Tm 3, 15-17).

Per assimilare bene questo alimento, in modo che ci riempia di sapienza, è necessario stimolare nel nostro cuore una disposizione di ascolto, di stupore, di un intimo dialogo sempre rinnovato. «Tutti possiamo migliorare un po’ su questo aspetto: diventare tutti più ascoltatori della Parola di Dio, per essere meno ricchi di nostre parole e più ricchi delle sue Parole. Penso al sacerdote, che ha il compito di predicare. Come può predicare se prima non ha aperto il suo cuore, non ha ascoltato, nel silenzio, la Parola di Dio? [...] Penso al papà e alla mamma, che sono i primi educatori: come possono educare se la loro coscienza non è illuminata dalla Parola di Dio, se il loro modo di pensare e di agire non è guidato dalla Parola? [...] E penso a tutti gli educatori: se il loro cuore non è riscaldato dalla Parola, come possono riscaldare i cuori degli altri, dei bambini, dei giovani, degli adulti? Non basta leggere le Sacre Scritture, bisogna ascoltare Gesù che parla in esse»[1].

Un documento scritto a mano da san Josemaría porta la data 1933. Si tratta di alcune cartelle nelle quali aveva copiato 112 testi del Nuovo Testamento, preceduti dal seguente titolo: «Parole del Nuovo Testamento, ripetutamente meditate»[2]. Se ricorriamo assiduamente alla Parola di Dio, anche noi avremo i nostri passi preferiti, quelli che custodiamo in una maniera particolare nella nostra anima, quelli che ci hanno dato luce e ci hanno confermato nella fede.


Gesù sceglie settantadue discepoli e li invia a due a due, dicendo loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai. Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe» (Lc 10, 2). Il messaggio è chiaro: sono inviati dal Signore e, benché il lavoro sia immenso, sarà lui stesso che metterà a frutto quello che vorrà. Proprio per questo san Paolo stimola Timoteo a riporre la sua speranza in Dio: «Ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia. Questa ci è stata data in Cristo Gesù fin dall’eternità» (2 Tm 1, 9). San Josemaría faceva notare che «la fede è un requisito imprescindibile nell’apostolato, che molte volte si manifesta nella costanza con cui parliamo di Dio, anche se i frutti tardano a venire»[3].

«La messe è abbondante anche oggi, proprio oggi. Anche se può sembrare che grandi parti del mondo moderno, degli uomini di oggi, volgano le spalle a Dio e ritengano la fede una cosa del passato, esiste tuttavia l’anelito che finalmente vengano stabiliti la giustizia, l’amore, la pace, che povertà e sofferenza vengano superate, che gli uomini trovino la gioia. Tutto questo anelito è presente nel mondo di oggi, l’anelito verso ciò che è grande, verso ciò che è buono. È la nostalgia del Redentore, di Dio stesso, anche lì dove Egli viene negato [...]. Al tempo stesso il Signore ci lascia capire che non possiamo essere semplicemente noi da soli a mandare operai nella sua messe; che non è una questione di management, della nostra propria capacità organizzativa. Gli operai per il campo della sua messe li può mandare solo Dio stesso. Ma Egli li vuole mandare attraverso la porta della nostra preghiera»[4]. Maria, regina degli apostoli, rimase al fianco di molti dei primi cristiani in questo gioioso impegno e, allo stesso modo, continua a rimanere al nostro fianco.


[1] Papa Francesco, Discorso, 4-X-2013.

[2] Cfr. Studia et Documenta 1 (2007), pp. 259-286.

[3] San Josemaría, Solco, n. 207.

[4] Benedetto XVI, Omelia, 5-II-2011.