Intervista Adnkronos a don Matteo Fabbri

Riportiamo l'intervista rilasciata l'11 marzo da don Matteo Fabbri, vicario dell'Opus Dei per l'Italia, a Francesco Peloso, per l'agenzia Adnkronos.

«Non credo agli intrighi e alle lotte interne. Mi pare piuttosto che la straordinaria azione di Papa Benedetto XVI nel ridare fiato ai polmoni spirituali della Chiesa stia portando frutti eloquenti». Afferma don Matteo Fabbri, vicario dell'Opus Dei per l'Italia, in merito alle notizie relative ad intrighi, lotte interne, documenti riservati che finiscono sui giornali. «Accompagnati dal Papa - ha detto ancora - bisogna riscoprire la Chiesa per quello che è: una moltitudine di cuori che, toccati dall'amore di Cristo, hanno cambiato vita e non desiderano altro che portare ad altri questo amore. Ce n'è abbastanza per non perdersi in aspetti residuali che lasciano il tempo che trovano». Sulla crisi della fede e della Chiesa in Europa, il vicario per l'Italia dell'Opera osserva: «Se c'è crisi di fede c'è anche grande desiderio di riscoprire Dio. Pensiamo alla Giornata mondiale della gioventù a Madrid dove abbiamo visto una moltitudine di giovani in cerca di Cristo: centinaia e centinaia che si accostavano al sacramento della Penitenza, erano presenti alle funzioni liturgiche con devozione e vera partecipazione e con il sano entusiasmo giovanile». «Il terreno - ha detto ancora don Fabbri - è fertile, molte persone non aspettano altro che gli si parli di Dio. Non solo attraverso discorsi ma nella vita vera, reale, di tutti i giorni». «È questo - ha aggiunto - il senso della nuova evangelizzazione di cui parla costantemente Benedetto XVI: riscoprire il mandato ricevuto da Cristo a portare il Vangelo in tutti gli angoli della terra. È proprio in quegli angoli apparentemente più secolarizzati, lontani dalla fede o indifferenti che si trovano molte anime desiderose di conoscere Dio proprio perché da tempo nessuno gliene parla».

«Ci sono persone che concepiscono la Chiesa e la vita cristiana solo come azione istituzionale, solo su mandato della gerarchia. Ma non si tiene conto di un fatto: e cioè che il fedele agisce a titolo personale secondo una coscienza cristiana ben formata. Anche nella vita politica, per un cristiano, il modo migliore per comportarsi secondo la propria visione, non è quello di mostrare un'etichetta, ma di promuovere i valori cristiani». Don Matteo Fabbri spiega in questo modo il modello cui si ispira l'Opera: non la segretezza, dice, ma l'azione del singolo impegnato nella vita sociale che agisce secondo la propria visione. In merito alla definizione dell'Opus Dei, come organizzazione conservatrice, il vicario rileva: «Credo che quando si parla di Chiesa - e l'Opus Dei è una piccola parte della Chiesa - certi parametri siano inadeguati. 'Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre!', dice la Lettera agli Ebrei. Il parametro davvero adeguato alla Chiesa e ad ogni sua istituzione è la fedeltà al Vangelo e a Cristo». Ciò detto, prosegue don Fabbri, «guardare Cristo vuol dire guardare ad un fatto storico, accaduto nel passato, ma non è solo questo: Cristo non è come Cesare, Shakespeare o Garibaldi; Egli è nostro contemporaneo, è il Risorto. Guardare Cristo è anche guardare avanti: verso il Vivente, il Signore che viene, verso la fine del tempo». «Conservatori o progressisti? - aggiunge il sacerdote - Fedeltà a Cristo è anche avere i piedi ben saldi per terra, essere ben radicati nella storia, di cui accettiamo, come cristiani, tutte le conquiste in termini di giustizia, di progresso scientifico, sociale, ma respingiamo tutto ciò che è indegno della dignità umana o frutto del peccato».

È bene che tutte le componenti della Chiesa, fedeli compresi, si mobilitino perché «il male va sradicato con fortezza e fermezza» sull'esempio proposto dal Papa, sostiene don Matteo Fabbri, in merito al grave scandalo degli abusi sessuali che scuote la Chiesa universale da diversi anni. L'aiuto che dall'interno della Chiesa può venire al Papa sotto questo profilo è quello «dalla preghiera e dalla fedeltà. L'esempio che ci offre Benedetto XVI è quello di un Papa fedele, che prega, che si nutre della parola di Dio». «Questa - ha aggiunto - è la strada maestra su cui sta guidando la Chiesa: crescere nella fede autentica in Dio e nel seguire coerentemente gli insegnamenti di Cristo». «Il resto - spiega ancora il sacerdote - viene di conseguenza. È qualcosa che non riguarda solo i sacerdoti, i vescovi e i religiosi ma tutti i fedeli». «Il male va sradicato con fortezza e fermezza - ha detto ancora - ma questo non deve farci dimenticare la grande folla di sacerdoti santi che hanno costellato il firmamento della Chiesa in tutti i secoli e continuano anche oggi ad essere lievito di tante comunità parrocchiali e religiose. Certo, a differenza del male, il bene non fa notizia». In merito al difficile rapporto fra modernità e Chiesa don Fabbri spiega: «mi viene in mente ciò che insegnava san Josemaría: un cristiano non può dimenticare che non è la dottrina di Gesù che si deve adattare ai tempi, ma sono i tempi che si devono aprire alla luce del Salvatore». «A queste parole - ha detto il sacerdote - aggiungerei quello che ha detto il Papa nel suo libro-intervista ‘Luce del mondo’: la Chiesa non è un'impresa finalizzata al profitto che deve avere successo nelle vendite, suo compito è invece vivere esemplarmente la fede, annunciarla, e mantenere in un profondo rapporto con Cristo e così con Dio stesso. In questo c'è tutto un programma per il presente e per il futuro».

«Non c'è alcuna volontà di nascondere la propria appartenenza all'Opus Dei; il contrario andrebbe contro il desiderio e l'impegno di ciascuno a svolgere il proprio apostolato personale. Penso ai laici, soprattutto, senza i quali fra l'altro l'Opus Dei non potrebbe esistere». Don Fabbri, 46 anni, ha scelto di lavorare nell'Opera fin da ragazzo: «Tutto è avvenuto con grande naturalezza, entrambi i miei genitori erano fedeli dell'Opus Dei, anche se non ho ricevuto da loro nessuna imposizione». «Tuttavia - racconta - negli anni del liceo ho cominciato a frequentare ambienti e centri dell'Opus Dei e a dedicare più tempo alla preghiera e così via. La vocazione è maturata nei tempi successivi, prima è stata come laico numerario, con l'impegno di vivere il celibato». «A un certo punto - dice - ho lasciato la strada della carriera professionale, quella di avvocato, e, su richiesta del Prelato, a cui avevo manifestato la mia disponibilità, mi sono dedicato interamente alla vita di sacerdote».

In tutto i preti incardinati nella Prelatura dell'Opus Dei in Italia, sono 75, escludendo naturalmente tutti quelli provenienti da diversi Paesi del mondo che svolgono servizio a Roma nelle attività che dipendono direttamente dalla Curia Prelatizia. «I rapporti con i vescovi, su di un piano istituzionale - ha aggiunto - li tengo io, in quanto vicario per l'Italia, da ultimo per esempio ho incontrato il nuovo arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola, che mi ha chiesto di raccontargli della nostra attività». La sede italiana dell'Opera infatti, si trova a Milano. In merito al ricorrente mito della segretezza dell'Opus Dei, don Fabbri osserva: «I fedeli dell'Opus Dei, non fanno alcun mistero della loro appartenenza alla prelatura. Non hanno un cartellino di appartenenza né hanno un tratto evidente che li rende etichettabili. Sono in tutto e per tutto persone comuni e godono, come tali, della stessa libertà in campo politico, sociale e professionale di tutti i cittadini cristiani. Non c'è segretezza ma naturalezza». «Il modello - spiega - sono i primi cristiani: persone di ogni tipo, con le più diverse situazioni di vita, che sono accomunati non da una logica umana, ma dalla luce di Cristo che portano nel cuore».