Il cuore di madre e padre di san Josemaría

In occasione del 14 febbraio, condividiamo una riflessione sulla visione della donna nella predicazione del fondatore dell’Opus Dei.

Ciò che era stato affermato nel Concilio Vaticano II rispetto ai laici[1], pur rappresentando una novità per l’epoca, era una realtà che il fondatore dell’Opus Dei aveva già “visto” e che cercava di diffondere dal 2 ottobre 1928. A questa data se ne unisce immediatamente un’altra: 14 febbraio 1930, quando san Josemaría colse, con una nuova grazia di Dio, in maniera più completa, che nell’Opera di Dio dovevano esserci anche le donne.

Nel libro Colloqui c’è un capitolo completamente dedicato alla donna, al suo ruolo nella famiglia, nella società, nella Chiesa: il fatto che questo libro sia stato pubblicato da san Josemaría per la prima volta alla fine del 1968 la dice lunga sulla sua visione “moderna” ed “attuale” delle donne. Il fondatore dell’Opus Dei parla della maturità, dell’autonomia e dice che “l’emancipazione viene quindi a significare per la donna la possibilità reale di sviluppare pienamente le proprie virtualità: quelle che essa possiede nella sua singolarità, e quelle che ha in quanto donna. L’uguaglianza di fronte al diritto, la parità davanti alla legge, non sopprimono ma anzi presuppongono e promuovono tale diversità, che è poi ricchezza per tutti”[2].

Guadalupe

Un esempio di donna emancipata e all’avanguardia nell’Opus Dei è quello della beata Guadalupe Ortiz de Landázuri, che è la prima fedele laica dell’Opus Dei a essere beatificata, il 18 maggio 2019. Vissuta tra la Spagna, l’Italia e il Messico, entra in contatto con la realtà dell’Opera conoscendo il fondatore: quell’incontro darà un nuovo significato alla sua vita. Nel gennaio del 1944, mentre partecipava alla messa, il Signore si fa presente nella sua anima. Commentando questo episodio a un suo amico, gli chiede se potesse indicarle un sacerdote come guida spirituale. L’amico le presenta san Josemaría e successivamente conosce le prime donne dell’Opera. Viene così a conoscenza di questa spiritualità che sarà la luce con cui Dio illuminerà la sua vita. Comprende che la sua chiamata alla santità passa attraverso la piena dedizione al suo lavoro professionale, la sua gioia, la sua risata contagiosa, la sua semplicità, assieme al suo carattere deciso. Tutto può portarla all’unione con Dio, alla santificazione, alla santità!

Ciò che colpisce della beata Guadalupe è che sia riuscita a svolgere questi lavori –intellettuali e materiali – con una visione unitaria: l’amore di Dio, che porta come conseguenza a un lavoro ben fatto, eseguito con rettitudine d’intenzione e finalizzato alla gloria di Dio. Tutto questo con le proprie personali caratteristiche, i propri difetti, le proprie doti, i propri talenti. San Josemaría su questo argomento mette in risalto la singolarità e la bellezza femminile: “La donna è chiamata ad apportare alla famiglia, alla società civile, alla Chiesa, qualche cosa di caratteristico che le è proprio e che solo lei può dare: la sua delicata tenerezza, la sua instancabile generosità, il suo amore per la concretezza, il suo estro, la sua capacità di intuizione, la sua pietà profonda e semplice, la sua tenacia... La femminilità non è autentica se non sa cogliere la bellezza di questo insostituibile apporto e non ne fa vita della propria vita”[3].

Quello che apprendiamo dalla vita dei beati e dei santi ci aiuta a riflettere sulla nostra stessa vita, sul valore che attribuiamo a essa, sulla concreta possibilità che abbiamo di darle senso: “Che la tua vita non sia una vita sterile. —Sii utile. —Lascia traccia. —Illumina con la fiamma della tua fede e del tuo amore.
Cancella, con la tua vita d'apostolo, l'impronta viscida e sudicia che i seminatori impuri dell'odio hanno lasciato. —E incendia tutti i cammini della terra con il fuoco di Cristo che porti nel cuore
[4].

Apostolato degli apostolati

La presenza delle donne nell’Opus Dei, con soprannumerarie, aggregate e numerarie, è una realtà imprescindibile, che valorizza ancor di più il lavoro apostolico e questo anche grazie alla presenza di una specifica vocazione che è quella delle numerarie ausiliari che san Josemaría definiva l’apostolato degli apostolati. Nella Lettera pastorale dell’ottobre 2020 il Prelato, al n.14, delinea una sintesi del loro profilo: “Voi numerarie ausiliari avete una funzione speciale di servizio, che svolgete creando e mantenendo l’ambiente di famiglia cristiana nei centri dell’Opera. Realizzate questo compito con il lavoro professionale, che nel vostro caso è l’Amministrazione. Come sapete, non si tratta solo di svolgere una serie di attività materiali a cui, in diversa misura possiamo e dobbiamo collaborare tutti, ma di pianificarle, organizzarle e coordinarle, in modo che il risultato sia proprio quel focolare dove tutti si sentono a casa, accolti, affermati, curati e, allo stesso tempo, responsabili. Tutto ciò, che del resto è molto importante per ogni persona umana, incide sulla fisionomia e sulla tempra spirituale dell’Opera intera, di tutti e di ciascuno dei suoi membri. Voi donne diventate così «un insostituibile sostegno e una fonte di forza spirituale per gli altri, che percepiscono le grandi energie» (San Giovanni Paolo II, Lettera ap. Mulieris dignitatem, n. 30) del vostro spirito.”

La realtà del servizio e della dedizione tramite l’attività lavorativa si comprende così in un’accezione estremamente positiva. Ciò che dà dignità al lavoro non è il lavoro in sé, ma la persona che lo svolge a vantaggio proprio – in quanto mezzo di santificazione –, e a vantaggio degli altri, di coloro che usufruiscono di tale lavoro, che in questo modo diventa santificante, realizzato per la gloria di Dio e pertanto santificato. San Josemaría amava dire “para servir, servir”, intendendo la frase nel duplice significato di utilità e servizio. Tutto questo è un insegnamento che Gesù riassume con queste parole: “Anche il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire” (Mc 10, 45); inoltre, apprendiamo tale lezione dalla Madonna la quale, volendo compiere in tutto la volontà di Dio esclama: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1, 38). Se abbiamo tali magistrali e fondamentali esempi di servizio e ci sforziamo di metterli in pratica e viverli, tutto ciò che compiamo avrà un valore incommensurabile, infinito, ineffabile.

Il 14 febbraio del 1943 san Josemaría si recò di buon mattino a celebrare la messa in un centro femminile a Madrid e dopo la celebrazione chiese un foglietto sul quale disegnò per la prima volta il “sigillo” dell’Opera (non lo stemma, precisò): una croce inserita all’interno del mondo[5]. Durante quella S. Messa, di 80 anni fa, san Josemaria, ricevette un’ulteriore grazia da Dio, che comunicò il giorno dopo a coloro che sarebbero stati i primi sacerdoti dell’Opus Dei (Ordinati il 25 giugno del 1944 da mons. Eijo y Garay: Álvaro del Portillo, José Luis Múzquiz y José María Hernández Garnica): il Signore gli aveva fatto vedere la soluzione canonica per i sacerdoti dell’Opera ed il nome della Società da costituire.

Il prelato dell’Opus Dei viene chiamato comunemente e familiarmente “Padre” da tutti i fedeli della prelatura. Alcuni potrebbero però far notare la mancanza di una madre. In realtà questo aspetto è stato chiarito già tanti anni fa proprio dal fondatore in occasione di un anniversario, il 14 febbraio 1957: “La sezione femminile non ha avuto fondatrice. Soltanto la Vergine santissima dal cielo. La vostra fondatrice è stata lei. Perciò il Signore mi ha dato un cuore di padre e di madre[6]. In estrema sintesi l’Opus Dei svolge i propri apostolati sotto il governo e la direzione del prelato, successore di san Josemaría, che dà e assicura l’unità fondamentale di spirito e di giurisdizione fra tutti i fedeli dell’Opera, donne e uomini, laici e sacerdoti.

Gli auguri più belli per quest’anniversario del 14 febbraio è che si abbia la consapevolezza che lì dove siamo, dove viviamo e dove lavoriamo è il posto in cui il Signore ci ama, fa il tifo per noi e ci mostra la nostra vocazione, la nostra chiamata: “Ai milioni di cristiani, uomini e donne, che riempiono la terra, spetta il compito di condurre a Cristo tutte le attività umane, annunciando con la propria vita che Dio ama tutti e tutti vuole salvare. Pertanto, il modo migliore di partecipare alla vita della Chiesa — il più importante, e quello che in ogni caso dev'essere il fondamento di tutti gli altri — è essere integralmente cristiani nel posto assegnato dalla vita, nel posto in cui la vocazione umana ci ha condotti”[7].

Filomena Longino Lombardi, Giudice uditore al Tribunale Ecclesiastico, Dottore in Diritto Canonico (Pontificia Università Lateranense), Magistra in Scienze Religiose (Apollinare – Pontificia Università della Santa Croce), già Avvocato.


[1] Cfr. Costituzione Dogmatica Lumen Gentium, 21 novembre 1964.

[2] San Josemaría, Colloqui , n. 87

[3] Ibidem.

[4] San Josemaría, Cammino, n. 1

[5] Cfr. A. Vázquez de Prada, Il Fondatore dell’Opus Dei, vol. II, pp. 633-634.

[6] “Studia et Documenta”, 1 (2007), 183.

[7] San Josemaría, Colloqui , n. 112.